Aldo Moro e Peppino Impastato, la scuola ha il vizio di dimenticare

Mafie | 9 maggio 2018
Alex Corlazzoli -Maestro e giornalista
Negli anni Ottanta, quando frequentavo le scuole medie Dante Alighieri di Offanengo, il professore di Educazione fisica Giuseppe Ferrari, prima d’iniziare a farci fare i consueti giri di corsa intorno alla palestra, ogni 9 maggio, ci chiedeva di restare un minuto in silenzio per ricordare l’uccisione di Aldo Moro. Qualcun altro in classe leggeva una circolare. Per quell’anno era finita lì. Ricordo solo che l’insegnante di Musica, Claudio De Micheli, ci aveva fatto vedere il film di Giuseppe Ferarra, Il caso Moro (1986).

A nessuno, invece, veniva in mente di raccontarci che quel giorno, quello stesso anno, la mafia a Cinisi aveva ammazzato un giovane militante e giornalista, Peppino Impastato. Nemmeno alle superiori mi parlarono di questo Peppino. Anzi, al classico neanche mi nominarono più Aldo Moro. C’erano il programma, le versioni di greco e latino da fare non c’era certo tempo per fare memoria di quanto avvenuto nel 1978.

E oggi? È cambiato qualcosa? Sicuramente i ragazzi conoscono più della mia generazione Aldo Moro e Impastato. Il primo grazie soprattutto all’instancabile testimonianza dei figli e al libro di Agnese Un uomo così, che ha appassionato molti ragazzi. Il secondo è diventato patrimonio di molti giovani grazie alla testimonianza del fratello Giovanni che in questi anni è andato in centinaia di scuole ma anche per merito di un film – I Cento Passi (2000) di Marco Tullio Giordana – e di una canzone dei Modena City Ramblers.
Un uomo così. Ricordando mio padr

La Scuola in realtà ha fatto ben poco e continua a fare nulla o quasi. E’ tutto lasciato alla buona volontà di qualche professore che magari viene pure insignito del titolo di “perditempo” o della medaglia di “fissato con sto cose”. A dirlo non è solo una percezione ma sono dei numeri. Grazie a Skuola.net che si è resa disponibile a fare un sondaggio per questo post, abbiamo raccolto le risposte di 11.400 studenti delle medie, dei tecnici, dei licei e dei professionali. Il 48% (quasi la metà) si ricorda che il 9 maggio è stato ucciso Moro: solo il 35% risponde di non saperlo e per fortuna solo il 6% dice la strage del Vajont e l’11% quella di Ustica. Più confusa la memoria quando si parla di Impastato: il 33% non ricorda che è stato ammazzato nella stessa giornata e il 28% confonde il 1978 con il 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci. Solo il 32% risponde in maniera corretta.

Se poi chiediamo ai ragazzi come li abbiano conosciuti, sia in un caso che nell’altro, poco più del 50% è venuto in contatto con i due uomini grazie ai genitori (21% nel caso di Moro; 10% per Impastato); alla Tv o ai film (16% per Moro; 23% per Impastato), sulla Rete (14% Moro; 15% Impastato) o grazie ad una canzone (4% per Impastato).

E la scuola? Il 38% ha conosciuto il presidente Moro in aula e solo il 34% ha sentito parlare di Peppino dai professori. “Se da un lato il grado di conoscenza dei fatti legati a quel tragico 9 maggio 1978 è relativamente elevata, dall’altra sono una minoranza (1 su 3) a dimostrare di sapere chi fossero Moro e Impastato. Il vero problema – spiega Daniele Grassucci di Skuola.net – è che non sempre a scuola si dedica del tempo a queste figure, visto che meno del 40% ne attribuiscono il merito alla scuola. Televisione, web e genitori hanno un ruolo altrettanto importante. Ma questo j’accuse rappresenta anche uno spunto da non sottovalutare: la scuola può sicuramente fare di più, ma per sconfiggere mafie ed eversione violenta non basta che se ne parli solo lì, è necessario uno sforzo collegiale e sinergico di tutti gli attori o gli enti che entrano in contatto con gli studenti”.

Ma fin tanto che dal ministero dell’Istruzione parte la consueta circolare di quattro pagine scritte in perfetto politichese più o meno identica a quella che veniva letta negli anni Ottanta quando io frequentavo le medie, cambierà poco. Ed è ancora più grave che oggi come allora in quella circolare non si menzioni Peppino Impastato. Ancora troppo scomodo per la politica italiana.

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