L’inizio della fine per il M5s

Aggiornato 3 ore fa L’inizio della fine per il M5s

Elezioni comunali a Siena, 10 Giugno 2018. ANSA/FABIO DI PIETRO


Di Giacomo Russo Spena
Giornalista
Lo scorso 4 marzo il M5s faceva il pieno dei consensi. Se al Nord la Lega vinceva battendo forte sui temi di sicurezza e immigrazione, foraggiando la guerra tra poveri; al Sud i grillini trionfavano come emblema di un meridione vessato da crisi economica, disoccupazione, clientele e voti di scambio. Il grido di protesta, soprattutto tra le fasce più deboli, è stato ben incarnato dal M5s che ha raccolto i frutti del malcontento beneficiando degli effetti della crisi, rappresentando una forza anti-bipolarismo e scardinando, definitivamente, lo storico duopolio italiano, prima Dc-Pci poi centrosinistra-centrodestra. È la sinistra che ha collassato, in tutte le sue forme, sia quella cosiddetta riformista che quella radicale. Una sinistra in parte svuotata dal M5s.

Ma la strategia governista del cercare di formare un esecutivo a tutti i costi – rispolverando persino la teoria dei “due forni” – fino all’intesa con la Lega sembra un grande abbaglio della Casaleggio Associati. Il timore del ritorno alle urne, e di non ripetere l’exploit del 4 marzo, sta segnando l’inizio del declino per il M5s.

Ieri, un primo campanello di allarme. Anzi, di più: una sonora batosta per il M5s che si afferma da prima a terza forza nel paese, dopo centrosinistra e centrodestra. Non c’è soltanto il Nord, dove era dato per scontato l’avanzamento del centrodestra a trazione leghista. È al Sud, dove alle politiche del 4 marzo il Movimento aveva toccato percentuali record sopra il 50%, che i Cinque Stelle soffrono.

A Roma, in due municipi popolosi come una provincia italiana, i candidati grillini si attestano al 19% in III municipio (fuori dal ballottaggio) e soltanto al 13,1 nell’VIII. Un primo avviso di sfratto per la sindaca Virginia Raggi. E pensare che soltanto due anni fa, il M5s trionfava a mani basse negli stessi quartieri. Sicuramente nelle elezioni amministrative i Cinque stelle sono sempre andati peggio e la bassa affluenza, ferma al 27%, ha favorito le forze più attive e organizzate sul territorio (in VIII municipio straordinario il successo del centrosinistra con Amedeo Ciaccheri), ma ciò non è sufficiente per giustificare il flop elettorale. Anche nel resto del Lazio i grillini escono terzi un po’ ovunque, da Fiumicino ad Anzio, e a Velletri non va oltre il primo turno Paolo Trenta, fratello della neo-Ministra della difesa del governo gialloverde Elisabetta Trenta.

Le ragioni della sconfitta sono più profonde. Innanzitutto molti elettori di sinistra, o comunque progressisti, hanno abbandonato la nave del M5s dopo l’intesa di governo con la Lega di Salvini. Altri sono rimasti delusi, vedi Roma, dalla giunte pentastellate. Nella Capitale, ad esempio, le migliorie annunciate in campagna elettorale non si vedono. Se il M5S ha saputo rappresentare bene agli occhi delle persone la fase destruens del sistema, sembra scarseggiare nella fase costruens. E i cittadini non perdonano: se le promesse di cambiamento restano inevase, si guarda verso nuovi lidi.

Seconda questione: governando, i nodi vengono al pettine così come le contraddizioni programmatiche. I No Tav – dopo che per anni hanno avuto un rapporto costante col M5s – sono stati i primi a contestare Di Maio e Co., rei di aver sacrificato la loro battaglia sul tavolo delle trattative con il Carroccio. Altro caso emblematico: Taranto. Lo scorso 4 marzo nella città pugliese, il M5s stravinceva contro una sinistra incapace di gestire il caso Ilva. Al di là degli annunci a effetto, gli elettori si aspettano adesso dai Cinque stelle una soluzione del problema.

Il M5s ne sarà in grato? La posizione ufficiale è quella di Di Maio, più lavorista, o quella di Grillo (che è per la chiusura dell’impianto)? E ci sono le coperture finanziarie per la riconversione dell’Ilva? Soltanto il tempo ci potrà rispondere, di certo le aspettative nei confronti del M5s sono alte e finora siamo a una falsa partenza.

Infine, la questione cardine: l’abbraccio mortale con la Lega. Fin dalle trattative di governo e il “caso Savona” col presidente Mattarella, Matteo Salvini si è preso la ribalta nazionale. Sta, pian piano, cannibalizzando il M5s. Con il suo 17% ottenuto alle elezioni del 4 marzo è riuscito a egemonizzare, in termini politici e mediatici, l’intesa con un M5s uscito dalle urne con quasi il doppio dei consensi.

Il centrodestra, a trazione leghista, cresce ovunque in Italia rubando voti ai grillini che perdono consensi sia a destra che a sinistra. Un’inversione di marcia difficile da cambiare: il M5s si trova schiacchiato in una polarizzazione, come si evince anche dalla questione della nave Aquarius. Chi è contro la cosiddetta invasione dei migranti si trova ben rappresentato dalla destra originale, da Salvini, colui che sulla guerra tra poveri sta costruendo un impero; chi è per l’apertura dei porti, e in difesa dell’umanità contro la barbarie, si schiera con l’opposizione o coi sindaci disobbedienti.

Un M5s ancora ignaro che l’intesa di governo con la Lega potrà rappresentare uno sbaglio letale. Il governo durerà il tempo di cui avrà bisogno Salvini per affermarsi come leader assoluto e per cannibalizzare del tutto Di Maio, poi sarà ritorno al voto già l’anno prossimo o nel 2020. E sarà dura, se non impossibile, per il M5s arrestare la fuga dei voti.

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