Rivoluzionari a parole, incapaci nei fatti

Daniele M. Regard
Giornalista e Blogger

Pubblicato: 26/09/2016 12:43 CEST Aggiornato: 26/09/2016 12:43 CEST MOVIMENTO CINQUE STELLE
Si parte con gli insulti, poi si passa agli spintoni, e si arriva facilmente, troppo facilmente, agli schiaffi e alle mani in faccia. Da una parte chi fa il proprio lavoro, in maniera onesta, magari sottopagato e poco tutelato. Dall’altra parte dei fomentatissimi “attivisti” che più che membri di un movimento sembrano hooligans della peggior specie.

È il giornalista il nuovo nemico, lo strumento che può indebolirli, renderli vulnerabili. Loro non raccontano di come non stanno amministrando Roma o di come vorrebbero guidare il nostro paese, no, loro riescono solo a trincerarsi dietro il grido di “onestà, onestà” come se uno slogan bastasse per togliersi di dosso tutti i peccati. È facile prendersela con i giornalisti, nemici occasionali buoni per tutte le stagioni, distrae le masse incazzate dai veri problemi di un movimento che dovrebbe far politica e invece fa bassissima propaganda.

Roma è l’esempio della loro incapacità, è come tirare fuori un rigore a porta vuota; hai tutto per provare a riuscire: i voti dei cittadini, l’entusiasmo della prima volta, ma ahimè in politica l’entusiasmo non basta, servono le capacità, serve lungimiranza, soprattutto serve il gruppo.

Fare squadra sarebbe stato vincente, ma non ci si può improvvisare. Quando si è in palese difficoltà due cose si possono fare: ammettere i propri errori o far finta che va tutto bene, salire su un palco a Palermo, raccontare la solita storiella che tutti sono contro di voi e che i poteri forti non vinceranno. Poi magari vai a farti una passeggiata, ti fai un balletto, ti prendi un po’ di “brava Virginia” “sei la migliore del mondo” (chissà perché poi…) e accanto a te, i cattivi giornalisti che fanno il loro lavoro, prendono pesci in faccia da quattro “fascistelli esaltati”.

Potevate essere qualcosa di riconoscibile, un messaggio di cambiamento e di rottura, ma avete fallito, perché dopo le buone intenzioni e gli strilli sul palco ci devono essere i contenuti. Cari grillini, la rivoluzione non si fa a parole, ma con i fatti; visti così sembrate solo delle comparse alle prime armi che fanno da spalla a un comico che è stato famoso vent’anni fa.

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