Tutte le condizioni di B. per un governo “amico”

“Silvio il benevolo” – Al 66esimo giorno arriva la svolta: Berlusconi si asterrà nella fiducia a un esecutivo gialloverde. MA, COME SEMPRE, VUOLE QUALCOSA IN CAMBIO

Il Giovane Matteo e l’Ottuagenario all’atto finale. Nessuno dei due vuole assumersi l’onere della rottura e così la fantasia politica partorisce una varietà di posizioni per accoppiare Lega e Cinquestelle e sistemare Forza Italia e Silvio Berlusconi tra i guardoni di una finta opposizione. È il passo di lato, inafferrabile araba fenice di questi due mesi di stallo e trattative. Diventato realtà alle nove di ieri sera, dopo 48 ore di pressing sovrumano sull’ex Cavaliere ad Arcore, giorno e notte.

In mattinata, la prima formula, sublime, la conia Giovanni Toti, governatore della Liguria e teorico del salvinismo azzurro: “Astensione benevola”. Poi c’è l’opzione degli ex capigruppo Brunetta & Romani: non rompere l’alleanza e seguire i precedenti del 2011 e del 2013 quando, a parti invertite rispetto alle speranze di oggi, i forzisti votarono i governi Monti e Letta e i leghisti no.

Tutti segnali nella direzione del matrimonio gialloverde con il placet berlusconiano, negato per due mesi.

E alle nove di sera, dopo un altro giorno di alti e bassi, di ragionamenti e sfoghi, ecco la lunga nota che contempla le varie formule e dà il via libera alla trattativa tra i due vincitori del 4 marzo, Di Maio e Salvini.

La premessa iniziale di B. registra un’esplicita critica al Colle, colpevole di non aver voluto dare un incarico al centrodestra: “Il Paese da mesi attende un governo. Continuo a credere che la soluzione della crisi più naturale, più logica, più coerente con il mandato degli elettori sarebbe quella di un governo di centodestra, la coalizione che ha prevalso nelle elezioni, guidato da un esponente indicato dalla Lega, governo che avrebbe certamente trovato in Parlamento i voti necessari per governare. Questa strada non è stata considerata praticabile dal Capo dello Stato. Ne prendo atto”.

Indi un’altra critica. Stavolta per il M5S: “Non possiamo dare oggi il nostro consenso ad un governo che comprenda il M5S, che ha dimostrato anche in queste settimane di non avere la maturità politica per assumersi questa responsabilità. Questo lo abbiamo sempre detto, e per quanto ci riguarda non è mai neppure cominciata una trattativa, né di tipo politico, né tantomeno su persone o su incarichi da attribuire”.

E finalmente si arriva al punto cruciale che si attendeva da due mesi, favorito dall’ipotesi del voto anticipato che B. teme ché Forza Italia dimezzerebbe i voti o quasi: “Se però un’altra forza politica della coalizione di centrodestra ritiene di assumersi la responsabilità di creare un governo con i Cinquestelle, prendiamo atto con rispetto della scelta. Non sta certo a noi porre veti o pregiudiziali”.

È in questo punto che si squarcia il velo. Anzi, il veto dell’ex leader del centrodestra.

Ad Arcore, da due giorni, Berlusconi è stato circondato da familiari e consiglieri favorevoli al via libera. Da Confalonieri a Letta e Ghedini. Con una differenza. L’ala più dura, quella di Ghedini, gli suggerito di porre a Salvini (e quindi Di Maio) la condizione di “un riconoscimento vero”. Cioè la possibilità di aver comunque a Palazzo Chigi un premier terzo con cui interloquire direttamente. Un paletto pesantissimo ma che potrebbe essere il punto di partenza per una trattativa tra Salvini e Berlusconi sui nomi dei ministri nei dicasteri chiave: dallo Sviluppo economico, che ha in pancia le Comunicazioni, alla Giustizia. Da scelte su premier e governo e rassicurazioni (nessuna patrimoniale, nessuna legge sul conflitto d’interessi) verrà data la gradazione alla benevolenza dell’astensione. Senza dimenticare che all’opposizione Forza Italia avrà la guida di commissioni di garanzia come la Vigilanza Rai.

Sostiene B.: “Non potremo certamente votare la fiducia, ma valuteremo in modo sereno e senza pregiudizi l’operato del governo che eventualmente nascerà, sostenendo lealmente, come abbiamo sempre fatto, i provvedimenti che siano in linea con il programma del centrodestra e che riterremo utili per gli italiani. Se invece questo governo non potesse nascere, nessuno potrà usarci come alibi di fronte all’incapacità – o all’impossibilità oggettiva – di trovare accordi fra forze politiche molto diverse. Di più a noi non si può chiedere, anche in nome degli impegni che abbiamo preso con gli elettori”.

È il sigillo alla dichiarazione che consacra il centrodestra come coalizione finta che però non si rompe. Una nuova fase è cominciata.

Il Fatto Quotidiano | 10 maggio 2018

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