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Il Piano giovani è solo l’ultimo intoppo di una serie di ostacoli. Il governo che doveva fare la rivoluzione si è fin qui mostrato non all’altezza. –  Altro che Pappagone, questa è la Sicilia dei Giufà. Un credulone facile preda di malandrini di ogni genere, un bambino che si esprime per frasi fatte che vive alla giornata, in maniera candida e spensierata, incurante di un mondo esterno che pare sempre sul punto di crollargli addosso. Crocetta come Giufà, i suoi assessori, “a loro insaputa”, come Giufà. Ogni volta che si deve passare dalle parole ai fatti, dagli annunci agli atti, il governatore e la sua banda fanno danni. E’ successo col caso Humanitas, la clinica catanese che si stava moltiplicando i posti letto ad insaputa dell’assessore Borsellino. E’ successo in maniera ancor piu’ clamorosa col Piano Giovani e il triste flop day, rilanciato da un nuovo bando del quale gli assessori Scilabra e Bruno non erano a conoscenza. Non lo sapevo, o forse non l’avevo capito. Giufà, appunto. Col solito condimento degli avvertimenti e del mascariamento: se qualcuno mi attacca fa parte di un gruppo di potere occulto che non vuole cambiare, conviventi col malaffare di sicuro. Il problema e’ che non attacca piu’: la favoletta del governo dei puri e duri e’ durata diciamo fino allo svincolo di Cassibile. Li’ ha sbattuto nel ridicolo. E da allora a queste manfrine non crede piu’ nessuno.
Dicevamo dei fallimenti. Li’ Giufa’ ha sempre dato il meglio di se’. Ogni volta che Re Saro ha convocato una conferenza stampa per annunciare mirabolanti imprese. Rimaste sulla carta. E fra poco saranno due anni che governa. E’ successo con la riforma delle Province ancora in alto mare. Col Muos revocato e già operativo. Con l’eolico, pale del malaffare che i giudici amministrativi hanno rilegittimato. Con le trivelle dei petrolieri, prima da combattere e adesso fidati amici di un piano di sviluppo terra-mare che ha fatto infuriare persino i pacifisti di Greenpeace, pronti a puntare le prue dei loro gommoni verso le coste siciliane.

E’ successo con tre Finanziarie in un anno, massacrate dal Commissario dello Stato. E’ successo con le nomine che dovevano rompere col passato e in perfetta continuità, invece, con i Mastri Don Gesualdi degli anni precedenti. E’ successo con le Partecipate, mai tagliate anzi riempite di amici degli amici, Sicilia e Servizi e Cerisdi su tutti. E’ successo con la Tabella H che continua a foraggiare enti e associazioni sponsorizzati dai politici.

E’ successo. Succede. E due anni dopo stiamo ancora appresso a ipotesi di rimpasto che non risolverebbero nulla, come se cambiare una segretaria o una fuoricorso fosse la svolta per una Sicilia che affonda. Lo sostengono tutti: gli indicatori economici, i sindacati, i deputati di opposizione e quelli di maggioranza. Perdiamo i fondi europei e perdiamo posti di lavoro. Salviamo precari e forestali e le imprese scappano via, l’Eni dopo la Fiat. Le altre la Sicilia nemmeno la vogliono vedere col binocolo, ostaggio della burocrazia, della criminalità. E del governo dei Giufà.

Reggeremo altri tre anni? E’ questo il dilemma. Anche i pastori tedeschi che accompagnano i ciechi si sono resi conto che il governo Crocetta e’ inadeguato . Ma nel 2017 che Sicilia troveremo? Quali macerie lascerà il governatore che, per dirla alla Buttafuoco, “criminalizza i tanti problemi che non sa risolvere”? Che 46 parlamentari su 90 escano dal cono d’ombra della codardia per mandare tutti a casa è fantapolitica. E lo è anche l’ipotesi di un intervento romano, un commissariamento da tutti auspicato ma costituzionalmente infondato.

Ci dovremo tenere Crocetta per altri tre anni, mettiamoci il cuore in pace. E nel frattempo? Reggerà la sua Corte dei Miracoli o si dovrà cambiare qualcosa? Già, ma cosa? E chi? Il governatore ha fatto della sua solitudine una forza. Tranne un paio di sganciati dal cerchio magico ha tutti assessori eterodiretti: lui decide, loro eseguono. Male. Ecco perchè non vuole cedere poltrone e potere. Ecco perchè non vuole politici nella sua giunta. Per evitare di farsi affiancare da tutor che gli dettino la linea. Resterebbe azzoppato. E sarebbe la sua fine.

D’altro canto chi mai avrebbe avuto il coraggio di promuovere la sua segretaria personale ad assessore al Turismo, ragazza simpatica per carita’ ma che sara’ ricordata in via Notarbartolo piu’ per il suo cane che per i suoi decreti? O il suo medico personale primario a Villa Sofia? O l’amico del medico e pm caduto in disgrazia a capo di Sicilia e Servizi e commissario della Provincia di Trapani con incarico ufficiale di catturare Matteo Messina Denaro (che ancora non ha smesso di ridere)? O una volenterosa studentessa fuori corso da una decina d’anni a rivoluzionare il settore della Formazione, intrappolata nella sua inesperienza al primo vero scoglio da superare? Tutte persone per bene, per carita’, onesti c’e’ da scommetterci. Ma amministrativamente scarsi, ecco, e’ questa la parolina giusta.

Crocetta e’ arrivato persino a reclamare il silenzio. Vuole lavarsi i panni sporchi fra le mura di casa, sembra infastidito dalle esternazioni, lui che degli annunci roboanti e dei fiumi di parole ha fatto il suo Credo. Sembra stanco il presidente. Ha in mano il futuro della Sicilia ed è l’unico che potrebbe decidere di staccare la spina. E’ il solo che potrebbe spiazzare tutti e mandare a casa il Parlamento piu’ delegittimato della storia, tornare l’uomo libero che sogna di essere, in viaggio nell’amata Tunisi o su una carrozza di un treno a cercare l’amore (parole sue). Tocca a lei presidente. Vuole continuare così, vegetare per altri tre anni? Oppure faccia lei il passo che tutti temono, tolga il disturbo. Sarebbe l’unica occasione per non venire ricordato come il Pappagone di Sicilia. O il Giufà, decida lei.

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