Andrea Fabozzi Edizione del 22.05.2018
«Ho conosciuto il Movimento 5 Stelle quattro anni fa quando mi chiesero se ero disponibile a farmi nominare nell’organo di autogoverno della giustizia amministrativa».

Da ministro immaginario della funzione pubblica a presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte starà ripensando a quel fortunato incontro con i grillini.

Auspice Alfonso Bonafede, braccio destro di Di Maio e avvocato civilista laureato a Firenze, dove Conte insegna dal 2001 diritto privato.

Ma cosa portò i 5 Stelle a scegliere proprio il professor Conte come candidato per il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa?

Se si torna a quel 2013 – il voto favorevole della camera è del 18 settembre di quell’anno – si scopre una causa che allora univa Conte e i 5 Stelle: la battaglia in favore del metodo Stamina.

Oggi che quel trattamento è stato definitivamente bocciato dalla comunità scientifica, vietato dai tribunali, che il suo fondatore e guru Davide Vannoni ha patteggiato una pena a 22 mesi per associazione a delinquere ed è ancora indagato e agli arresti domiciliari, si fa fatica a credere che nel 2013 il governo autorizzò per decreto, e il parlamento convertì in legge, la sperimentazione del metodo stamina e il proseguimento delle «cure compassionevoli».

Erano i tempi in cui il Movimento 5 Stelle aveva solo certezze: «Riteniamo che il metodo sia efficace, siamo arrivati a questa conclusione dopo aver ascoltato le istanze dell’Istituto superiore della sanità, della Stamina foundation ma soprattutto dei cittadini».

Poi il metodo è stato stroncato dalla comunità scientifica nazionale e internazionale, giudicato «criminale» da un premio Nobel e infine bocciato anche dalla commissione per la sperimentazione voluta dal ministro Balduzzi (governo Monti).

Persino la trasmissione le Iene che fece conoscere al pubblico tv il metodo Vannoni ha chiesto scusa «se abbiamo convinto qualcuno che il metodo funzioni».

All’epoca nei servizi del programma di Italia 1 il nome di Giuseppe Conte ricorreva spesso. Fu lui infatti, da avvocato della famiglia di una bambina malata alla quale fu somministrato il trattamento Stamina, a ottenere il via libera di un tribunale al proseguimento della cura non validata scientificamente, convincendo i genitori della bimba malata a spostare la residenza da Firenze a Livorno.

Prima che la sperimentazione presso gli ospedali pubblici fosse definitivamente bloccata, Conte si è battuto per l’applicazione del metodo Vannoni.

Grazie al quale, a suo dire, le famiglie dei malati avrebbero potuto confidare nella «speranza di una migliore qualità della vita».

E non si è trattato solo di un impegno professionale, tanto è vero che Conte figura anche – con l’attrice Gina Lollobrigida e il suo manager tuttofare Andrea Piazzolla (prima che venisse denunciato per circonvenzione di incapace) – tra i promotori di una fondazione che si batte proprio per la «libertà di cura».

Il paradosso per il (possibile) prossimo presidente del Consiglio è che a mettere la parola fine, dal punto di vista giudiziario, all’avventura del metodo Stamina è stato proprio il presidente di Cassazione e idolo dei 5 Stelle Piercamillo Davigo, condannando definitivamente il socio di Vannoni.

«Oltre ad essere un professionista di altissimo profilo – ha detto ieri di lui Luigi Di Maio – Conte è una persona che viene dalla periferia, è cresciuto a San Giovanni Rotondo, si è fatto da solo. Si è battuto non solo per un rigore dal punto di vista legale ma anche dal punto di vista morale. È uno tosto».

Eppure l’indicazione del professore è una sconfitta e una smentita per il «capo politico» del Movimento 5 Stelle.

Dopo aver ripetuto per due mesi che non avrebbe mai accettato un «premier non eletto» ieri ha sostenuto che «Conte era nella mia squadra quindi è stato votato da 11 milioni di italiani».

Per Salvini invece il professore «è un esperto in semplificazione, sburocratizzazione e snellimento della macchina amministrativa, che è quello che tante aziende ci chiedono».

Mentre puntano sull’inesperienza i primi commenti della stampa straniera. «Conte è un giurista poco conosciuto» secondo Le Monde. «Un principiante della politica» per il Financial Times.

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