Election day, giornata nera. «No al taglio della democrazia» (di Eleonora Martini).


Il Comitato per il No al referendum fa ricorso contro l’accorpamento con le amministrative. Le date del 20 e 21 settembre non sono ancora ufficiali. Il 20 luglio, il giudizio del Tar del Lazio.

La «vulgata populista» che descrive il taglio drastico dei parlamentari avvenuto con la riforma costituzionale dell’ottobre scorso come una vittoria dei cittadini contro la «casta» convive con l’approfondimento del tema come le streghe con l’aglio. Per esempio, quanti di coloro che l’8 ottobre scorso hanno accolto con manifestazioni di giubilo la legge-vessillo del M5S sanno che il testo con il quale vengono decurtati mediamente del 36,5% i componenti di entrambi i rami del Parlamento opera in realtà delle riduzioni che creano profonde disparità tra i cittadini di differenti regioni? «I senatori eletti in Abruzzo per esempio passano da 7 a 4, mentre in Trentino-Alto Adige da 7 a 6, malgrado gli abruzzesi siano oltre il 30% in più dei trentini-sudtirolesi. Oppure: in Calabria, dove i seggi si riducono da 10 a 6, occorrono 320 mila voti per essere eletti in Senato, mentre in Trentino ce ne vogliono solo 170 mila».

A spiegarlo è stato ieri in conferenza stampa presso la sede romana dell’Fnsi l’avvocato Felice Besostri che ha presentato, a nome del «Comitato per il No al taglio del Parlamento», una serie di ricorsi contro l’election day annunciato per il 20 e 21 settembre prossimi anche se le date non sono mai state formalizzate dal governo giallorosso. «Illegalità che si somma ad altre illegalità», secondo il Comitato che si è costituito a partire dal «Coordinamento per la democrazia costituzionale» e che si avvale di un direttivo composto da giuristi, costituzionalisti, magistrati e avvocati.
IL VOLUMINOSO RICORSO presentato ai Tribunali civili di 11 regioni (dove è presente l’avvocatura di Stato, secondo i dettami di legge), comprese Liguria, Veneto, Toscana, Campania e Puglia, chiamate al voto regionale negli stessi giorni del referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, completa quello pendente al Tar del Lazio, che sarà esaminato il 20 luglio prossimo. Quest’ultimo, spiega il responsabile comunicazione del Comitato Alfonso Gianni «è contro la sconvocazione dei comizi referendari del 29 marzo 2020 senza contestuale e parallela indicazione della nuova data».

L’election day – che spalmato su due giorni mortifica peraltro qualunque buon proposito di risparmio – è di dubbia costituzionalità perché, aggiunge Alfonso Gianni sintetizzando i ricorsi presentati da Besostri, «mette insieme voti che hanno valenze e conseguenze diverse, e necessitano di campagne elettorali distinte. Il referendum, che non ha bisogno di quorum ed è valido a prescindere dal numero di persone che si recheranno alle urne, è espressione della democrazia diretta. Il voto amministrativo e politico è esercizio della democrazia rappresentativa. E per un terzo dell’elettorato italiano la campagna politica oscurerà quella di rango costituzionale».

DUNQUE L’ELECTION DAY «serve solo a fare confusione». Anche perché l’opuscolo informativo che il governo avrebbe dovuto produrre in forma cartacea e digitale e «inviare agli elettori con sufficiente anticipo», secondo l’ordine del giorno presentato da +Europa e approvato l’11 giugno scorso alla Camera, non ha mai visto la luce. Di più: «L’election day è illegittimo», scandisce Besostri, «perché non rispetta il diritto di voto, crea una disparità non accettabile di condizioni di voto tra i cittadini in base alla loro residenza. Mentre l’articolo 48 della nostra Costituzione sancisce che il voto è personale, eguale, libero e segreto».

Ma, al di là delle dichiarazioni di facciata come quella pronunciata ieri dal capo politico del M5S Vito Crimi («Abbiamo accolto con serenità la richiesta di referendum confermativo sul taglio dei parlamentari, perché ogni qualvolta i cittadini sono chiamati a pronunciarsi su riforme così importanti la partecipazione fa solo del bene»), manca un reale dibattito pubblico sulle conseguenze di questo taglio dei deputati (da 630 a 400) e dei senatori (da 315 a 200, mantenendo quelli a vita), «Qui nessuno è contrario alla modifica della Costituzione o alla riduzione degli eletti – ha sottolineao l’avvocata Anna Falcone – ma bisogna farlo in modo legale, costituzionale ed efficace, nel senso di aumentare la funzionalità della democrazia. Tutti i giuristi denunciano la lentezza del Parlamento a rispondere alla domanda normativa e di rinnovamento proveniente dal Paese. Con la riforma la situazione non potrà che peggiorare, e senza una nuova legge elettorale non ci sono sufficienti garanzie nel rapporto di rappresentanza, a partire dal diritto dei cittadini a candidarsi senza necessariamente dove essere nelle grazie del segretario di partito».

RICORDA L’AVV. BESOSTRI che questo taglio «non rispetta la Carta dei diritti dell’Ue che pretende per ciascun parlamento degli Stati membri un numero di seggi adeguato alla rappresentanza popolare». Inoltre, «la modalità con la quale si è fissato l’election day per decreto legge, ricorrendo peraltro ad un voto di fiducia, viola l’articolo 72 della Carta, quarto comma, che riserva al procedimento parlamentare ordinario, cioè con votazione articolo per articolo, la materia elettorale e quella costituzionale».

Ecco perché, come ha sottolineato in conclusione il magistrato Domenico Gallo,«la vulgata populista che indicava questa riforma come un grande successo per i cittadini e alla quale si sono arresi tutti i partiti, inizia a scricchiolare mostrando i falsi obiettivi e le errate informazioni sulle quali si è costruita».
La «vulgata populista» che descrive il taglio drastico dei parlamentari avvenuto con la riforma costituzionale dell’ottobre scorso come una vittoria dei cittadini contro la «casta» convive con l’approfondimento del tema come le streghe con l’aglio. Per esempio, quanti di coloro che l’8 o…
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La «vulgata populista» che descrive il taglio drastico dei parlamentari avvenuto con la riforma costituzionale dell’ottobre scorso come una vittoria dei cittadini contro la «casta» convive con l’approfondimento del tema come le streghe con l’aglio.

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