Il coraggio, questo sconosciuto

Sergio Bagnasco
Da settimane provo a stimolare una riflessione sul post-crisi sanitaria perché in un modo o nell’altro ci libereremo da questo virus, poi ne riparleremo probabilmente l’inverno prossimo, ma il danno del virus rischia di essere accentuato sia sul piano sanitario sia sul piano economico se non ci muoviamo con coraggio.

Da oltre dieci anni per paura del populismo e per il populismo non solo abbiamo evitato di regolarizzare gli immigrati, ma abbiamo cacciato molti immigrati con regolare contratto di lavoro nella irregolarità grazie ai decreti insicurezza di Salvini.

Oggi gli irregolari, circa 650.000, a cui vanno aggiunti i circa 100.000 irregolari targati Salvini e i tanti ancora non contabilizzati generati dal Covid-19, costituiscono una minaccia sanitaria perché vivono nella promiscuità e senza adeguate condizioni igieniche.
Non vanno dal medico, al massimo al pronto soccorso quando proprio non ne possono fare a meno, non hanno una casa in cui stare in isolamento, ma spesso vivono a contatto con altre eterogenee persone.

Regolarizzarle significa farle emergere e prendere provvedimenti per ridurre il rischio di propagazione rappresentato da questo milione di persone oggi praticamente invisibile.

Regolarizzare queste persone consente anche di risolvere il problema dei circa 250.000 stagionali che mancano alla nostra agricoltura, con rischi enormi per le nostre colture.

Il Covid-19 non è affatto una livella, colpisce soprattutto i più deboli e i più fragili, ma i danni si ripercuotono su tutta la società perché morire di Covid su una panchina non è come morire di fame o freddo sulla stessa panchina.

Il Covid fa emergere tutte le fragilità del nostro sistema Paese: una parte consistente della nostra economia si basa sul lavoro irregolare di tanti italiani e sugli immigrati irregolari.
Parliamo di circa 4 milioni di persone.

Pensare a come uscire dalla crisi significa pensare a questi 4 milioni perché appena riapriamo queste persone saranno in giro sui tram, sui treni regionali, nei mercati, nei cantieri edili, nei campi, nei capannoni più o meno regolari …

Serve coraggio e un primo passo dovrebbe essere regolarizzare gli immigrati irregolari.

Immediatamente dopo, prendere misure rigorose per regolarizzare con forti incentivi i rapporti di lavoro irregolari che oggi privano molte persone di ogni protezione sociale, con rischi enormi per la sicurezza della collettività.
Si tenga presente che agli irregolari già noti rischiamo di sommare i circa 750mila lavoratori familiari in regola, che sono a rischio licenziamento senza poter usufruire della cassa integrazione in deroga.

Dobbiamo necessariamente attendere i primi freddi per scoprire ciò che già adesso è evidente?

Infine, sarebbe opportuno finirla con la bucolica esaltazione dello smart working e della didattica a distanza perché ancora una volta ci dimentichiamo che questi arnesi sono preclusi ai ceti più fragili. I lavori manuali non si fanno con lo smart working e molti ragazzi non dispongono a casa di PC o tablet e una fetta importante della popolazione non ha internet.

Quando discutiamo di riaprire le scuole dovremmo cominciare dai più fragili e deboli che spesso non dispongono nemmeno di un ambiente familiare idoneo per fare didattica a distanza, oltre a non avere gli strumenti necessari.

Il giorno in cui abbandoneremo la perniciosa retorica e inizieremo ad affrontare i problemi con coraggio e realismo … sarà un gran giorno.

Il virus accentua le disuguaglianze e serve il coraggio di affrontarle perché è nel nostro interesse con coraggio abbattere le disuguaglianze.

Se non affrontiamo con coraggio e verità questo problema faremo un ennesimo regalo a Salvini e Meloni per cui quasi TUTTO il mondo politico sta alacremente lavorando da anni.

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