Il fallimento dell’antimafia tra ‘buchi’ della Regione, IRSAP e beni sequestrati alla mafia

di Giulio Ambrosetti
[21 Sep 2015
Piaccia o no, ma la Regione siciliana che affonda, le ombre dell’IRSAP e la gestione dei beni sequestrati alla mafia sono espressione di un’identica ‘Malasignoria’ legata all’antimafia, o presunta tale. Un’antimafia a propria volta riconducibile al centrosinistra. Chi ne sta facendo le spese sono le imprese e le famiglie siciliane depredate da questi signori

Forse gli unici siciliani che stanno cominciando a capire la gravità della situazione economica e finanziaria della Sicilia sono i sindaci. Non a caso hanno annunciato, per i prossimi giorni, un’assemblea generale che, con molta probabilità, verrà celebrata a Palermo (come potete leggere qui). Per il resto, tutto tace. La vita, nella nostra Isola, scorre tranquilla tra sbarchi di migranti, ospedali nel caos, immondizia non raccolta abbandonata nelle strade, scandali nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia con tanto di inchieste giudiziarie, il governo nazionale che continua a depredare i fondi del Bilancio regionale e via continuando con problemi & veleni vari. La novità delle ultime settimane è rappresentata dall’antimafia, vera o presunta, che affonda. Due anni fa circa, quando Pino Maniaci denunciava i ‘magheggi’ nella gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia, erano in pochissimi a prenderlo in considerazione. Oggi che il verminaio – come l’ha definito lo stesso Maniaci in un’intervista al nostro giornale (che potete leggere qui) – è venuto fuori, in tanti abbozzano, senza avere nemmeno il coraggio di dire: “Ragazzi, abbiamo sbagliato”.
Non sono, in verità, fatti sconosciuti. La novità è rappresentata, semmai, da un’inchiesta della magistratura, per la precisione, della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Caltanissetta. Chi pensava che mai e poi mai i ‘misteri’ della sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo sarebbero stati oggetto di una verifica di legge è stato servito. Come finirà non lo sappiamo. Ma ci aspettiamo di tutto e di più. Anche una salutare verifica dei patrimoni personali di chi ha gestito questi beni. E’ una verifica semplice: tu hai svolto questo lavoro e dovresti aver guadagnato, nel rispetto della legge, non più di una certa somma. Se sei proprietario di beni, mobili e immobili, più che proporzionali al lavoro che hai svolto, beh, allora c’è qualcosa che non quadra. E te li leviamo. In fondo è quello che si fa con i mafiosi. Anche in questo caso, non sarebbe una novità.
Su questo filone segnaliamo un aspetto della vita pubblica rimasto ancora oggi in buona parte inesplorato.
mafia
Sono i beni immobili e societari confiscati alla mafia e affittati alle pubbliche amministrazioni. Una legge di almeno sei-sette anni fa prevede che tali beni debbano essere stati ceduti, gratuitamente, alle pubbliche amministrazioni: Regioni, Province, Comuni, strutture sanitarie. Tutto questo è avvenuto, o le pubbliche amministrazioni hanno continuato a pagare affitti, spesso esosi, agli amministratori giudiziari? Abbiamo già segnalato anomalie per l’immobile dove ha sede l’assessorato regionale alle Attività produttive. Ma abbiamo il dubbio, molto fondato, che non si tratti di un caso unico. Ci chiediamo: i nostri dubbi avranno sollecitato l’interesse dei giudici della Corte dei Conti?
In queste ore scopriamo che Caltanissetta, che geograficamente è il centro della Sicilia, è diventata il centro delle più importanti vicende giudiziarie dell’Isola. Oltre all’inchiesta sulla sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, la Procura nissena indaga anche sui protagonisti di una stagione antimafia dalla poche luci e dalle molte ombre. Ci riferiamo all’inchiesta che coinvolge il presidente di Confindustria Sicilia, Antonello Montante, in prima fila, per anni, nelle attività antiracket, finito sotto inchiesta per mafia. Non è nostro costume commentare fatti legati a indagini in corso. Ma non possiamo sorvolare su due particolari.
Il primo particolare è legato a un ricordo personale. Chi scrive, già nel 2012 – allora dalle colonne del
professionisti dell’antimafia
quotidiano on line LinkSicilia – manifestava perplessità sulla presenza, nelle prime file della vita pubblica siciliana, di certi personaggi che ci ricordavano troppo i “Professionisti dell’Antimafia” di sciasciana memoria. Siccome ci occupiamo da anni di politica regionale (grosso modo, dalla prima metà degli anni ’80 del secolo passato), sapevamo benissimo dei miliardi – prima di vecchie Lire, oggi di Euro – che giravano e girano attorno ai Consorzi Asi (Aree di sviluppo industriale) della Sicilia. Sapevamo, per esperienza, che di industrie ce n’erano e ce ne sono poche, mentre di soldi pubblici – come già ricordato – ne circolavano e ne circolano tanti, forse troppi.
Ci colpiva, in particolare, la gestione a dir poco strana di queste aree industriali siciliane con poche industrie e, in molti casi, senza industrie. E ci colpiva, soprattutto, la presenza di industriali senza industrie alla guida di questa aree industriali senza industrie. Quasi che terreni e soldi pubblici – che a nostro modesto avviso avrebbero dovuto essere gestiti, magari in modo oculato e nell’interesse della collettività – dovessero divenire sinecure per una ristretta cerchia di privilegiati. Negli anni del governo regionale di Raffaele Lombardo ci chiedevamo che senso avesse una legge regionale che istituiva quello che, in fondo, non è altro che un nuovo ‘carrozzone’: l’Istituto Regionale per le Attività Produttive, meglio conosciuto come IRSAP. Ci chiedevamo: ma non è più serio liquidare i beni dei vecchi Consorzi Asi e poi, semmai, affidare all’Irfis (Istituto regionale per i finanziamento alle industrie) la gestione delle somme ricavate dalla vendita di questi beni per dare vita a nuove attività imprenditoriali? Invece il Parlamento siciliano, su input del governo regionale, ha istituito l’IRSAP. Di fatto, per dare nelle mani di soggetti privati la gestione di beni mobili e immobili pubblici. Con risultati che, con molta probabilità, non conosceremo mai.
Ci colpiva, sempre in quegli anni, la presenza di imprenditori – in alcuni casi non più titolari di imprese – chiamati ad amministrare Enti Porto, società a partecipazione regionale e, in generale, strutture pubbliche. Ci chiedevamo: ma se non sono stati bravi a gestire le proprie aziende, perché mai dovrebbero diventare bravi nella gestione delle aziende pubbliche?
irsap
Oggi assistiamo a una girandola di accuse, con uomini di Confindustria Sicilia che accusano altri esponenti di Confindustria Sicilia. E’ il caso dell’ex assessore regionale, Marco Venturi – tra i protagonisti della discutibile gestione della Regione siciliana da parte del già citato governo di Raffaele Lombardo – che accusa senza mezzi termini Montante. Venturi usa parole pesanti. A noi, a dir la verità, Venturi è sempre apparso come un elemento estraneo alla triade di Confindustria Sicilia rappresentata da Montante, da Ivan Lo Bello e da Giuseppe Catanzaro. Le sue dichiarazioni non ci sorprendono. Anche se restiamo della nostra opinione: non c’era alcun bisogno di creare l’IRSAP. E non siamo stupiti del fatto che Venturi, oggi, denunci pressioni indebite sulla gestione dei beni che fanno capo all’IRSAP. Quasi tutto torna. Il quasi è legato ai ritardi dello stesso Venturi: ci voleva tanto per capire certe cose?
La verità – e questo non finiremo di ripeterlo – è che il governo Lombardo e il Parlamento siciliano della passata legislatura hanno fatto malissimo a dare nelle mani di una ristretta cerchia di persone i beni dei vecchi Consorzi Asi. Qualcuno ha pensato che questi beni dovessero essere utilizzati per arricchimenti personali o per finanziare la politica? A giudicare da quello che dice oggi Venturi, le pressioni alle quali sarebbe stato sottoposto Alfonso Cicero, il numero uno dell’IRSAP, voluto dal governo di Rosario Crocetta – nomina, quella di Cicero, accompagnata da altri veleni e da altre polemiche – sono inquietanti. Anche perché sarebbero arrivate da personaggi che tutti noi immaginavamo vicine a Venturi e a Cicero.
Insomma, una storia molto confusa, quella che gira attorno alla gestione dell’Irsap. Montante, Venturi, Crocetta, Cicero, l’ex assessore regionale, Linda Vancheri. E, nell’ombra, il senatore Giuseppe Lumia, che di questo gruppo di potere è sempre stato il garante politico. A giudicare da quello che si legge sui giornali, le incomprensioni che oggi dividono questi signori non sono legate alla nascita di nuove attività imprenditoriali, ma alla gestione di beni pubblici. La dimostrazione che l’Irsap non è stato istituito per creare nuove iniziative imprenditoriali, ma per gestire beni da liquidare e alienare. Sotto questo profilo, le responsabilità del centrosinistra – che ha governato la Regione siciliana dal 2008 al 2012 e che continua a governarla, male, tutt’ora – sono enormi. Anche in questo caso, non siamo stupiti: con un governo regionale di centrosinistra è iniziata, quindici anni fa, la liquidazione di EMS, ESPI e AZASI. Liquidazione che va avanti ancora oggi con una spesa, iscritta in Bilancio, di circa 500 mila Euro all’anno (dato tratto dal Bilancio regionale 2015: sul 2016 attendiamo…).
I ‘magheggi’ attorno ai beni sequestrati e confiscati alla mafia e le ‘mirabolanti’ avventure dell’IRSAP (che, a quanto pare, non avrebbero nulla da invidiare a quelle della Sofis) fanno il paio con la disastrosa situazione finanziaria della Regione. Sono tre aspetti della questione economica e finanziaria siciliana riconducibili all’antimafia, o presunta tale, e alla politica. Aziende sane, che avrebbero dovuto essere restituite ai legittimi proprietari, venuti fuori indenni dalle indagini giudiziarie, sono state ‘masticate’ lo stesso dagli amministratori giudiziari. Non hanno fatto una fine diversa molti dei beni confiscati alla mafia, se è vero che, nel complesso, il 90 per cento e forse più delle aziende sequestrate e confiscate alla mafia falliscono. Sotto questo profilo, il fallimento dell’Antimafia è stato pressoché totale. La stessa presidente dell’Antimafia nazionale, Rosy Bindi – persona per bene – che viene in Sicilia a difendere la gestione della sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo retta da Silvana Saguto, oggi sotto inchiesta, dà la misura della confusione e, contemporaneamente, dell’abilità di una certa politica nel piazzare in posti nevralgici persone sbagliate.
Non è andata meglio, come già accennato, con l’Irsap. Dove la ressa – perché a quanto pare di questo si è trattato: di una ressa – attorno ai beni degli ex Consorzi Asi da liquidare-alienare ha preso il sopravvento sulla missione dello stesso IRSAP, che avrebbe dovuto essere quella di creare nuove iniziative imprenditoriali. Delle liquidazioni-alienazioni ci sono tante tracce (e molti veleni), mentre delle nuove iniziative imprenditoriali, come già ricordato, non c’è traccia.
Sul fronte della politica regionale assistiamo a un governo nazionale che continua a depredare la Sicilia. Qualche settimana fa abbiamo assistito a un ‘capolavoro’ del governo nazionale: grande risalto alle parole del premier Renzi che annuncia (annunci, non fatti concreti) l’abolizione dell’IMU, compresa l’IMU agricola, mentre lo stesso governo Renzi scippa alla Regione siciliana 60 milioni di Imu agricola nel silenzio generale. La scena non ci sconvolge più di tanto: qualche sera fa, in un Tg nazionale, dopo un servizio in pompa magna sul Ministro dell’Economia, Padoan, che annuncia la riduzione della pressione fiscale, va un altro servizio che illustra (questa volta non è un annuncio, ma un fatto concreto) un nuovo balzello, sempre a cura del governo nazionale: un balzello sulle televisioni negli hotel, tra le proteste degli albergatori italiani, ‘rei’ di aver lavorato bene in estate e quindi pronti per essere ‘spolpati’ da un sempre più grottesco governo Renzi che, però, a parole, ‘annuncia’ riduzioni delle tasse…
Di fatto, la gestione delle Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, la gestione dell’Irsap e gli scippi di risorse dalle ‘casse’ regionali ad opera del governo Renzi hanno contribuito – ognuno per la propria parte – a depauperare quel poco che ormai rimane dell’economia siciliana. Ormai, in Sicilia, esiste e resiste solo l’imprenditoria che non ha nulla a che vedere con la pubblica amministrazione (e con la sezione di Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo).
alessandro baccei
L’assessore regionale all’Economia, Alessandro Baccei
Poi spunta la faccia beffarda dell’assessore regionale all’Economia, il toscano Alessandro Baccei, imposto in Sicilia dal solito Renzi. Baccei, dimenticando i soldi che Roma ha ‘rapinato’ alla Sicilia nell’ultimo anno e mezzo (oltre 10 miliardi di Euro), ci dice che famiglie e imprese siciliane dovranno essere ulteriormente ‘spremute’ per una cifra pari a 1 miliardo e 800 milioni di Euro. Dimenticando di aggiungere – ah, quanto sono brutte le ‘amnesie’… – che bisognerà trovare il miliardo e 200 milioni di Euro da dare al governo Renzi: il solito accantonamento da strappare al Bilancio regionale per il “risanamento” della finanza nazionale. Dunque il ‘buco’ sui conti della Regione per il 2016 non è di un miliardo e 800 milioni di Euro, ma di 3 miliardi di Euro circa! Un ‘buco’ provocato tutto dal governo nazionale di Renzi.
Detto questo, visto che da due anni l’Italia non mette in atto “l’equilibrio di Bilancio” introdotto con la modifica della Costituzione italiana del 1948, e visto che anche per quest’anno il governo Renzi ha chiesto una deroga, ci chiediamo e chiediamo: a cosa sono serviti i soldi che il governo Renzi ha scippato alla Sicilia in questi anni? Insomma, se i “sacrifici” imposti alla Regione siciliana non sono serviti “all’equilibrio di Bilancio” dell’Italia, che fine hanno fatto questi soldi? Come sono stati utilizzati? A questa domanda non dovrà rispondere solo Renzi: dovranno rispondere i partiti politici che governato l’Italia e la Sicilia, PD in testa, ma anche UDC, Nuovo centrodestra Democratico e via continuando.
Un dato, in ogni caso, emerge con estrema chiarezza: da quando il centrosinistra governa la Sicilia – cioè dalla primavera del 2008 fino ad oggi – i siciliani sono diventati sempre più poveri. Il PIL siciliano (Prodotto Interno Lordo) è sceso di 8 punti. La disoccupazione è alle stelle (la sola disoccupazione giovanile è al 70%!). L’agricoltura siciliana è allo sbando e tutt’oggi non sappiamo come sono stati spesi 2,1 miliardi del PSR 2007-2014, né si capisce che fine abbiano fatto altri 3 miliardi circa di fondi destinati sempre all’agricoltura siciliana. L’industria è quasi scomparsa. L’artigianato è in crisi. Il commercio langue. La formazione professionale è stata quasi del tutto smantellata. Ancora: da cinque mesi l’autostrada Palermo-Catania è interrotta e lo rimarrà chissà per quanto tempo ancora; le strade provinciali sono un delirio. Sembra che Ryanair si accinga a lasciare l’aeroporto di Trapani, mentre torme di ‘sciacalli’ hanno puntato le due società aeroportuali pubbliche di Palermo (Gesap) e Catania (Sac).
Per non parlare della spesa sociale, ridotta al lumicino (a Palermo il Comune non ha stanziato i soldi per mille e 200 studenti disabili, come potete leggere qui: ma il problema riguarda tantissimi Comuni siciliani che hanno abbandonato anche minori e anziani). Per non parlare della folle gestione dei rifiuti, in balìa di comitati di affari che inquinano aria, terreni e falde idriche inchiodando l’Isola con le discariche, mentre la raccolta differenziata dei rifiuti rimane la più bassa d’Italia. Con la sfacciataggine di proporre pure gli inceneritori dei rifiuti per ‘ammuccarsi’ altri soldi.
A conti fatti, da quando governa il centrosinistra la Regione e 5 milioni di siciliani sembrano diventati soggetti da ‘spolpare’. Come già sottolineato, i soldi che Renzi si porta a Roma non si contano più. Così come non si contano gli imbrogli nei conti pubblici, con la sanità utilizzata come schermo per sottoscrivere mutui miliardari che gli ignari siciliani pagano. Ignari fino a un certo punto, perché, piano piano, di questo centrosinistra al governo, a Roma e in Sicilia, i siciliani cominciano ad ‘apprezzare’ IRPEF e IRAP ai massimi livelli (aliquote tra le più alte d’Italia, come se la Sicilia fosse più ricca della Lombardia!), TASI e TARSU tra le più alte d’Italia e, come già accennato, anche 60 milioni di Euro di IMU agricola. Soldi che i Comuni dovranno far pagare, a partire da quest’anno, agli agricoltori siciliani già allo stremo: ennesimo ‘regalo’ di quel governo di ‘banditi’ presieduto da Renzi.
Che dire? Che quando Crocetta e questo fallimentare centrosinistra verranno buttati fuori dalla Regione, quando, insomma, i dati di Bilancio, quelli veri, verranno resi noti, ci accorgeremo che i danni prodotti da questi signori sono molto più gravi di quelli che noi, sommariamente, abbiamo cercato di descrivere.

Ti potrebbe interessare anche...