La miglior politica estera è il non-interventismo

Nelle relazioni interpersonali la scelta considerata migliore e più saggia, è quella di rispettare gli altri se c’è rispetto dall’altra parte e non interferire troppo nella vita altrui.
Questo concetto è ben riassunto nella celebre massima di Arthur Schopenhauer: ” Vivi e lascia vivere â€ś. 
In politica, le relazioni internazionali dovrebbero essere improntate nello stesso modo, ma purtroppo invece non è così.                                                                                                           Infatti questo concetto è totalmente alieno alla politica estera degli USA,per la NATO,per l’UE, l’ONU e i mondialisti di ogni risma, per cui ogni scusa è buona per aggredire l’altro, e tale proposito viene di volta in volta mascherato da intenti positivi, come la questione dei diritti umani o la necessitĂ  di “esportare la democrazia”.
Tali relazioni improntate sull’aggressione dell’altro, sono la base del moderno imperialismo e dell’attuale globalizzazione, che si basano sull’imposizione di un determinato sistema tramite la coercizione, e spesso il ricorso all’aggressione e alla violenza punitiva, nel caso non ci sia tacito consenso da parte altrui.

Nella storia recente, di esempi di tali atteggiamenti aggressivi ce ne sono a iosa.
Basti pensare all’aggressione che la NATO, con il beneplacito dell’ONU, ha lanciato contro la Libia nel marzo del 2011, aggressione che è stata giustificata con intenti “umanitari”, con l’uso di una forte strategia di diffamazione basata sulla diffusione ossessiva di notizie non verificate, tra cui alcune completamente inventate ( come quella delle fosse comuni ), tese a screditare all’occhio dell’opinione pubblica la vittima, fatta passare per carnefice, in modo da giustificare le azioni di guerra.
O alla campagna diffamatoria contro la Siria, un paese la cui unica colpa per l’imperialismo statunitense e l’élite mondialista, era quella di essere una nazione libera, indipendente e sovrana.

Contro la Siria è iniziata un’incessante e martellante propaganda aggressiva, la totale demonizzazione dei suoi rappresentanti, ridotti a capro espiatorio della guerra civile che da più di tre anni attraversa il paese.



Nella realtĂ , non solo non era il criminalizzato governo siriano a volere tale guerra civile, ma semmai i tanti gruppi armati e terroristi, perlopiĂą finanziati dalle grandi potenze come ilQuatar,l’Arabia Saudita e gli stessi USA.

Per fortuna, tale strategia arrogante e predatoria non ha funzionato in Siria, al contrario della Libia, su cui ha pesato il suo sostanziale isolamento internazionale.

Difatti, la Siria ha potuto beneficiare della protezione della Russia e della Cina, che grazie al loro veto all’intervento militare preparato da USA e monarchie del Golfo, hanno evitatoche la nazione venisse completamente distrutta dal terrorismo islamista.

Obama e company, che di solito sono abituati a fare la parte dei forti contro i deboli ( Libia,Iraq,Afghanistan ecc) questa volta hanno trovato qualcuno che aveva i mezzi per opporsi, e vista la sostanziale codardia che li contraddistingue, hanno preferito cambiare strategia.
Ora lo stesso Obama, dopo che ha finanziato e armato i terroristi in Libia e Siria, afferma demagogicamente di volersene sbarazzare in Iraq, visto che questi subalterni complici non servono piĂą e sono effettivamente un pò imbarazzanti.


Mr Obama tenta di presentarsi all’opinione pubblica come il “giustiziere” e il “distruttore” del terrorismo, evitando in questo modo di prendersi le sue responsabilità nel sostegnoall’avanzata dello stesso.



Probabilmente tale campagna è solo di facciata e dietro rimangono gli stessi propositi di eliminare (politicamente e non) Assad e sottomettere la Siria al proprio controllo, come recentemente ha fatto intendere il ministro della Difesa statunitense Chuck Hagel.
Altri esempi di atteggiamenti aggressivi si possono ravvisare nel costante stalkeraggio che Obama e la NATO compiono verso la Russia, strumentalizzando certe problematiche interne di essa, pur di trovare il pretesto per aggredirla.


Che la Russia abbia una politica interna discutibile è pur vero, ma Obama e company dovrebbero prima guardare sè stessi, difatti anche gli USA moderni non è che brillino per diritti umani, visto che è uno stato che possiede ancora la pena di morte, dove la tortura è considerata routine, e dove la violenza interna è enorme, e spesso viene proiettata anche all’esterno con le tantissime guerre fatte per mantenere alta l’immagine di un’impero ormai decaduto.
Ad Obama e ai mondialisti di ogni sorta bisognerebbe far conoscere la famosa massima di Antoine de Saint-ExupĂ©ry : “Prima di giudicare il prossimo, guarda te stesso“.



Visto che la Russia difficilmente cederebbe la sua sovranità, Obama tenta in tutti i modi di trovare nuovi pretesti, perchè Putin è un forte pericolo e limite per i suoi progetti di megalomania e questo per Barack non va bene, essendo abituato a portare avanti una logica di dominio e controllo illimitata.



Si potrebbe continuare all’infinito elencando i tanti episodi di politica estera aggressiva, ma quello che piĂą importa ora è far vedere quanto tale tipo di relazione sia distruttiva e disfunzionale, e offrire un’alternativa, specificamente quella di una politica estera basata sulla non interferenza, e sul principio di non aggressione.

Tale concezione di politica estera è notoriamente portata avanti negli States, dai politiciRon Paul e dal figlio Rand.



Questi hanno da sempre denunciato i fallimenti provocati dall’atteggiamento aggressivo degli USA, proponendo una politica estera basata sul rispetto della propria e dell’altrui indipendenza e sovranità, senza inutili interferenze tese a squilibrare i rapporti internazionali, ed è per questo che sono sempre stati contrastati dall’establishment democratico e repubblicano, entrambi basati su una forte politica guerrafondaia.



Quindi, non più politiche tese a rafforzare la dipendenza dai paesi più forti, non più una concezione totalitaria e omologante dei rapporti internazionali come portata avanti da organizzazioni come la NATO,l’ONU e altre agenzie mondialiste.



Ma, rispetto della propria e dell’altrui diversità, dove ogni paese faccia la sua parte e pensi al proprio miglioramento, senza interferire negli affari esteri per meri scopi di controllo e potere.

Non più una presunta concezione globale e totalizzante di come deve essere il mondo dal punto di vista politico, ma accettazione di così com’è e impegno di ogni parte nel proprio miglioramento.




Bisogna chiarire che naturalmente tutto questo non significa assolutamente tollerare situazioni intollerabili dal punto di vista politico e umanitario, così come rispettare gli altri e farsi gli affari propri non significa necessariamente essere totalmente indifferenti a ciò che succede nella società.



Se ipoteticamente si verificassero situazioni intollerabili dal punto di vista politico e internazionale ( guerre,regimi sanguinari ecc ), sicuramente  si tenterebbe di risolvere in maniera comune tali problemi, iniziando dalla diplomazia, e naturalmente ciò non avrebbe niente a che vedere con le politiche portate avanti dall’ONU, tese a creare una disfunzionale e totalitaria concezione omologante del mondo, e in fin dei conti basate sempre sugli interessi egoistici dei paesi piĂą forti (USA,paesi del Golfo, ecc).



Inoltre, sicuramente in tale ottica verrebbero messi in discussione i rapporti internazionali basati su una “gerarchia artificiale”, come lo sono ora, e l’ipotetica leadership di una nazione rispetto ad un’altra non verrebbe certo da quanto riesca ad ingannare e ad aggredire militarmente più paesi possibili, come avviene tutt’ora.



Molto probabilmente, tale concezione sarebbe una seria e fruttuosa alternativa, in quanto prima di tutto basata sul buonsenso e sul rispetto dell’altro.

Come vediamo ogni giorno, l’impostazione interventista della politica estera attuale non porta niente di buono, se non a continue guerre e conflitti, visto che guerra chiama guerra e l’odio porta ad altro odio, e se non c’è un serio cambio di paradigma tale situazione difficilmente muterà.



Mentre tale nuova concezione della politica estera si renderebbe migliore e maggiormente armonica, in quanto tesa alla costruzione politica di rapporti internazionali basati sull’equilibrio.

GiĂ  Mahatma Gandhi proponeva una posizione molto simile, basata sull’autodeterminazione, sia a livello individuale, che popolare e nazionale.



Il suo sogno era quello della costruzione di un mondo in cui l’arroganza imperialista e/o mondialista non avrebbe avuto piĂą senso di esserci, dove ogni individuo, ogni comunitĂ  e ogni popolo potessero essere liberi di vivere felici, liberi, fieri di sè stessi e della terra in cui avevano avuto origine.



Da parte sua, aveva contribuito alla nascita di un’India libera e sovrana, fondata sull’indipendenza e il bilanciamento degli aspetti sociali e nazionali, in aperta opposizione ai progetti mondialisti di centralizzazione e omologazione totalitaria del mondo e delle diverse identità da cui è composto.



Difatti, la vera unità e la vera pace si realizzano solo con il rispetto e la salvaguardia delle diversità, e non con la cancellazione di esse nel nome di un’ideologia totalitaria che non accetti altro da sé, e il cui fine sia quello di omologare, anche con la coercizione e con la più brutale violenza, il mondo e la Terra, che da che mondo è mondo sono fondati sulla varietà e la diversità.



Quindi, è ora più che mai necessaria una rottura con l’attuale ideologia dominante mondialista, un’ideologia che tolti gli aspetti suadenti con cui viene propagandata, non è altro che una mera ideologia dell’ omologazione totalitaria, dell’odio e della morte…

Non c’è  bisogno dell’ONU ( la principale agenzia che diffonde tale distruttiva e disfunzionale ideologia ), o di altre organizzazioni che pretendano di parlare e di decidere a nome di tutto il mondo ( e i cui proclami non sono mai stati richiesti da nessuno), ma di strumenti per far sì che, per quanto possibile, gli individui e i popoli che compongono la Terra possano migliorare, raggiungere l’indipendenza e l’autodeterminazione, e in tal modo realizzarsi, niente di piĂą lontano dalla distopia mondialista, che ci vorrebbe tutti schiavi di ununico e totalitario stato (e mercato) globale.

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