MATTEO PUCCIARELLI – Destini ineluttabili, ineluttabili destini

mpucciarelli2Hanno vinto, anzi no, stravinto. Hanno ingabbiato tutto e tutti, condannando all’eresia chiunque provi a mettere in discussione l’ineluttabile destino. I nostri ineluttabili destini collettivi, di vite a corredo di dogmi che nessuno è più capace di sfidare senza sembrare un povero smidollato.
Sì, la prosa è un po’ disfattista e magari paranoica.
Ma in giro non si vede altro, se si vuol vedere. Prendo spunto da un video – per la verità leggermente patetico, ma non è questo il punto – pubblicato da diversi giornali online. Quello dei giornalisti dell’Unità che chiedono un aiuto per far sopravvivere la testata, quindi il proprio lavoro. Senza entrare nel merito della questione (personalmente a me non piace più da un pezzo l’Unità ma ripeto: non è questo il punto) sono drammaticamente aridi i commenti che si possono leggere a corredo del filmato. Per il 90 per cento dicono questo: «Se non sai stare sul mercato, è giusto che tu chiuda».

È questo modello di pensiero che riduce tutto al mercato, al darwinismo, alla selezione della specie – in economia, ovviamente; in politica, in tutto – che ha vinto, anzi no, stravinto. Perché per noi, per tutti ormai, il ragionamento si ferma lì: sai stare al mondo, in questo mondo? Sì?, bene. No?, cazzi tuoi. Cazzi tuoi, capito? Emeriti cazzi tuoi.
Il mercato, il mercato, le nostre vite e il mercato. Il mercato. Vuoi vivere una vita dignitosa, senza l’ansia di perdere il tuo posto di lavoro, senza l’ansia di dover dimostrare ogni giorno, dannatissimo giorno, il tuo valore? No, il mercato dice che no, occorre “flessibilità”. Rassicurare il mercato, i mercati, allora chiudere intere corsie di ospedali, servizi, tagliare ammortizzatori sociali, svendere il patrimonio pubblico, ridurre le tutele all’osso e così via: da quanti anni, anzi decenni, corriamo verso questa direzione immaginandola come l’unica percorribile, anche a sinistra?
E quei poveri cristi che solcano il mare a bordo di zatteroni?, ma chi se li incula, stessero a casa loro, come se qualcuno di noi avesse avuto il merito di nascere a Bolzano piuttosto che a Kinshasa.
Saper stare sul mercato, saper correre, vergognarsi se non si è all’altezza, se non ci si sente all’altezza. Ricondurre tutto in un’ottica di guadagno-perdita in termini economici. Misurare la qualità della vita non si sa più come, perché, per cosa. Dimenticare il senso stesso del nostro essere comunità, armarci di cinismo, unico antidoto per sopravvivere a costo di affogare il nostro vicino. Ritrovarci così, senza prospettive, impegnati nella sempiterna guerra tra poveracci e poveretti.
Il discorso pubblico ha trasformato il buonsenso in utopia e massimalismo. Ecco come e perché hanno vinto, anzi no, stravinto.
Matteo Pucciarelli
8 luglio 2014

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