Nichi Vendola: ‘Io alle primarie sfido il Pd’

Luca Telese

10 giugno 2010

Il leader di Sinistra e Libertà riparte dalle fabbriche

Nichi Vendola scenderà in campo per le primarie del centrosinistra. Non lo dice ancora in maniera esplicita. Ma non si tira nemmeno indietro con le circonlocuzioni ipotetiche della vecchia politica: “Sono disponibile a partecipare al cantiere della nuova sinistra”, ti risponde se glielo chiedi. Oppure: “I processi di rinnovamento matureranno da sé”. Oppure: “Mi piacerebbe contribuire a fare la differenza fra un rito di sepoltura e uno di battesimo della nuova coalizione”. Senza troppo clamore, il presidente della Puglia ha ripreso a battere l’Italia. A metà luglio il grande esordio, con la convention delle sue “Fabbriche di Nichi”, a Bari. Domani, a Roma, il primo passo nella nuova stagione politica, un comizio annunciato da un’imponente affissione: nei manifesti c’è una giraffa presa al collo dalla Finanziaria.

Vendola, che c’entra la giraffa?

Perché sopravvive nella Savana senza uccidere. Vede lontano, si nutre dove gli altri non arrivano…eh eh.

Quante volte si grida contro “la macelleria sociale”…

Non lo so. Ma mai come questa volta lo slogan è appropriato. Sta finendo l’Europa che è nata nel 1945, un’intera epoca.

Quale?

Quella dei diritti umani e delle garanzie sociali. L’Europa del patto Capitale-lavoro. In una parola il welfare.

Colpa della crisi, dicono.

Le ultime statistiche parlano di 80 milioni di poveri, nel Vecchio continente, 20 milioni di bambini. L’avremmo creduto possibile solo un anno fa?.

Ripeto, di chi è la colpa?

Di chi presenta questa crisi come uno tsunami, una catastrofe naturale senza responsabilità: eppure per anni si è permesso tutto, qualsiasi gioco di finanziarizzazione.

E in Italia?

Siamo il paese che ha detassato più di tutti i reati finanziari!

Ma perché la sinistra non guadagna consensi?

I suoi leader non spiegano perché Berlusconi vince.

E secondo lei perché?

Perché lui continua ad offrire un grande racconto. Anche nella decadenza, per ora, è più epico di quello dell’opposizione.

Qual è il racconto del centrosinistra oggi?

È tutto qui, il problema. Da un lato il crepuscolo degli Dei, dall’altro una promessa di concretezza amministrativa. Ma questa non è una visione del mondo! È un respiro corto che non porta da nessuna parte.

E Tremonti?

Il più abile gattopardo che conosca.

Perché nel 1994 è stato eletto nel Ppi?

Non occorre andare così lontano. Negli ultimi tre anni ne ricordo almeno tre…

Di Tremonti?

(Ride). Bè, il primo, ormai archiviato, è l’uomo dell’ottimismo, della finanza creativa…

E il secondo?

Quello liberista e no global, antimercatista spinto! Poi l’ex antagonista delle banche, il Che Guevara dei risparmiatori. Troppi ruoli per un attore.

La crisi impone scelte.

Per la prima volta, invece che allontanarsi dagli affreschi sociali ottocenteschi dai Miserabili e Oliver Twist, torna lo spettro della povertà. Ma la politica non ha il coraggio di parlarne, né a destra né a sinistra. Solo la Caritas lo fa. Dobbiamo farlo, subito.

C’è la crisi greca.

Dove è nata la democrazia si sperimentano sospensione di diritti e autoritarismo.

Ci sono i conti da far quadrare, dicono.

Quando il Fondo monetario commissariava i Paesi latinoamericani storcevamo il naso. Se impone la macelleria in Europa si dice: è ineluttabile.

E non lo è?

Non capisco perché diamo carta bianca alla stessa tecnocrazia che ha legittimato la finanziarizzazione delle risorse e occultato le rapine degli speculatori.

Governano l’economia del mondo?

Senza avere nessun mandato democratico, però. Papandreou è stato commissariato. Zapatero si è autocommissariato. Tremonti, invece – eh, eh – ha commissariato Berlusconi…

Non è il contrario?

Davvero? Sta di fatto che il premier oggi è la più grande forma di opposizione al suo ministro: il premier di lotta e di governo.

Che però continua a decidere tutto.

La sua reazione alla stretta è non nascondere più i suoi sentimenti eversivi. Ormai parla come un caudillo.

Cosa va cambiato a sinistra?

Non capiscono che l’opposizione tattica non porta da nessuna parte? C’è sempre un Enricoletta che prova a moderare ciò che è già moderatissimo…

Cosa manca?

Ad esempio: il coraggio di ripartire dal lavoro. Possiamo assistere alle guerre fra poveri senza dir nulla? La sinistra è diventata una retorica della cittadinanza. È rimasta a proclamare i suoi valori mentre la società smottava altrove. Mi pare che combattano con le baionette del ‘15-‘18 la guerra del ‘45.

Serve il coraggio di proporre idee alternative…

Possiamo accettare il taglio dei fondi ai disabili, se poi si spendono 20 miliardi per i cacciabombardieri senza dir nulla?

Bisogna difendersi, dicono.

E allora facciamo un esercito europeo e risparmiamo.

Attento, la attaccheranno da sinistra…

Ma si taglierebbero i costi.

Altro esempio?

Possiamo accettare senza dire una sola parola la rateizzazione delle liquidazioni? Al sud, e non solo, il tfr è simbolo di un rituale di solidarietà fra generazioni.

In che senso?

Con quei soldi i padri comprano casa ai figli. Si produce un effetto-cascata. Vogliono colpire i dipendenti, finiscono per affondare l’edilizia!

Bersani e Letta dicono: niente primarie.

Invece servono. Se si pensa di salvarsi eludendo i problemi o serrando ranghi non si va da nessuna parte.

Si rischia di indebolirsi con una nuova conta, dicono.

Al contrario: ci si riaprirebbe alla società. Bisogna gettare il cuore oltre l’ostacolo.

Perché?

Le primarie sono come il gesto del bambino che ascolta la conchiglia e sente il rumore del mare: è il rumore della vita.

Ci vuole l’orecchio di un leader, però. Il suo?

Io sono il leader di Sinistra e libertà. E delle fabbriche. Se posso aiutare lo faccio.

Da il Fatto Quotidiano del 10 giugno

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