Quale realismo Tomaso Montanari 22 settembre 2017

Il realismo. Alla sinistra viene rimproverata soprattutto la mancanza di realismo.
I commentatori di quasi tutti i giornali ripetono in coro che una sinistra che non abbia come obiettivo un’alleanza con il Pd non tiene conto della realtà. Ed è questa anche la tesi di Giuliano Pisapia, aspirante federatore di quella stessa Sinistra: sempre in nome del realismo.

In nome del realismo bisognava votare sì al referendum costituzionale.
In nome del realismo oggi si invoca una legge maggioritaria che assicuri la “governabilità”.
In nome del realismo si continua a votare la fiducia al governo di Minniti. Anche se si restituisce contemporaneamente la tessera del partito di quest’ultimo, per un’insormontabile questione di diritti umani (così Gad Lerner).
In nome del realismo si continua a parlare di centrosinistra.

Ma che significa, davvero, realismo? Significa andare al governo. Ma per fare che cosa? Ecco, qua il realismo finisce: si vedrà. Per fare quello che si riesce a fare. Ma intanto, ecco, saremo al governo.
Una delle ragioni principali per cui metà del Paese non vota più è che la politica non riesce a cambiare la vita della gente: con un’eccezione importante, perché cambia la vita della gente che fa politica. È in questa confusione (non troppo innocente) tra mezzi e fini che la politica si è persa.
Per uscirne bisogna provare a ridefinire il “realismo”…
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