Relazione di rapporti tra principi e libertà fondamentali nella ns costituzione.

Professoressa Marina Calamo Specchia COSTITUZIONALISTA ordinaria di diritto costituzionale comparato all’Università di Bari Aldo Moro. In tema di relazione di rapporti tra principi e libertà fondamentali la ns costituzione non pone nessuna graduazione giuridica. Tutti i diritti, principi e libertà sono posti su un pari piano e devono essere necessariamnete integrati fra loro attraverso una lettura sistemica della Costituzione. […] Però purtroppo in questo momento assistiamo ad una deriva di quelli che sono i capisaldi costituzionali. Se è vero che anche in un periodo di crisi, come ha voluto ricordarci nel 2020 l’allora presidente della Corte Costituzionale, Marta Cartabia, il principio di bilanciamento dei diritti costituzionali vige anche in periodo di crisi allora possiamo ritenere inesistente una gerarchia tra i diritti, è sopratutto inesistente quel principio di precauzione che vorrebbe il diritto alla salute collettivo come diritto che prevale anche sulla sfera individuale dei singoli.

Qst è in realtà un principio che è stato rigettato dalla Corte Costituzionale con una storica sentenza, la sentenza sul caso Ilva nella quale si legge testualmente che nessun diritto può essere tiranno nei confronti di altri diritti e quindi la sentenza n. 85 del 2013 sul caso Ilva è emblematica perchè è una sentenza che mette in relazione quelle stesse libertà che oggi sono messe in relazione dal green pass ciòè il diritto alla salute nella sua dimensione individuale e collettiva, il diritto al lavoro e il diritto all’iniziativa economica che sono i tre diritti adesso messi in tensione dalla logica del green pass; quindi cederebbe, stando alla lettura della sentenza Ilva, quel principio di salus rei publicae che vorrebbe sostanzialmente il diritto alla salute nella sua dimensione collettiva un diritto che prevale sugli altri. Io richiamerei un’ altra sentenza la 118 del ’96 nella quale la Corte Costituzionale dice che proprio in riferimento ad una questione di danno alla salute conseguente alla vaccinazione antipolio ha stabilito che in nome del dovere di solidarietà è sempre possibile imporre un trattamento sanitario ma esiste sempre un limite ultimo che è il limite della dignità della persona umana. Che è contenuto nella seconda parte dell’articlo 32 che non viene mai citato . E’ vero che l’art 32 prevede anche l’ ipotesi di imporre un trattamento sanitario qualora la salute collettiva lo richieda, ma in realtà esso pone anche un divieto assoluto cioè il divieto di trattamenti che possono essere lesivi della dignità dell’uomo e in qst sentenza in nome del dovere di solidarietà la Corte dice che non è possibile essere privati di decidere liberamente e nessuno può essere chiamato “a sacrificare la propria salute a quella degli altri, fossero pure tutti gli altri” Questo segna la rottura di quel nesso sinallagmatico che il pensiero dominante ma anche figure istituzionali come il presIdente del consiglio e il presidente della Repubblica hanno voluto veicolare all’ opinione pubblica quando hanno in un certo senso ammantato di moralismo la scelta di vaccinarsi oppure no.

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