Salva banche, così Consob e Bankitalia hanno tolto il semaforo all’incrocio più pericoloso per i risparmiatori

Altro che rimborsi “caso per caso”, come conta di fare il governo Renzi: tutti coloro che hanno comprato quei titoli a quei prezzi hanno dimostrato di essere sprovveduti a cui l’istituto ha piazzato le obbligazioni subordinate approfittando proprio del fatto che non ne comprendevano il rischio
di Giorgio Meletti | 16 dicembre 2015

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Una gigantesca presa in giro in vista della quale il governo si sta ricompattando con i due litiganti Consob e Bankitalia. Infatti non c’è bisogno di alcuna commissione d’inchiesta sulle responsabilità: è già tutto scritto, basta leggere. Ma nessuno vuole pagare dazio. Dunque l’obiettivo comune è minimizzare – anche sparando balle – il disastro del cosiddetto salvataggio delle quattro banche dell’Italia centrale che hanno bruciato 2,6 miliardi di euro.

Le due autorità di vigilanza si sono rinfacciate i mancati controlli. Ha cominciato il direttore generale di Bankitalia, Salvatore Rossi, che ha scansato ogni colpa per il falò di 788 milioni di obbligazioni subordinate: “Ricordo che a vigilare sulla sollecitazione al risparmio è preposta un’altra autorità”. Il presidente della Consob Giuseppe Vegas se l’è presa: “Dire che non abbiamo vigilato è non solo una falsità ma anche un’offesa”. Ieri sera a Porta a Porta Matteo Renzi ha sancito l’armistizio a modo suo: “Vedo un attacco al governo per dare la colpa al governo, ma non rispondo dicendo che la colpa è di altri per etica della responsabilità”. Insomma, non ha detto che la colpa è di Consob e Bankitalia solo perché è un signore.

Più prudente, il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan ha detto che “le istituzioni sono solide e forti, il governo ha piena fiducia in Banca d’Italia e in Consob”. Ma ha anche preparato il terreno a una nuova truffa, quella dei “casi singoli”, come se la liquefazione di miliardi di euro fosse attribuibile a qualche sportellista idiota: “Ci sono state responsabilità individuali che andranno verificate caso per caso”. Rossi di Bankitalia aveva già brevettato il concetto spiegando che Bankitalia “dovrebbe avere un ispettore in ogni filiale per scoprire quelli che vogliono comportarsi in modo fraudolento”. Come se nelle singole filiali ci fossero impiegati pazzi vogliosi, chissà perché, di affibbiare obbligazioni subordinate (rischiosissime e poco redditizie) ai clienti.

Sullo sfondo c’è il decreto sui risarcimenti. Il governo vuole cavarsela con 100 milioni. Hanno inventato la dimensione spirituale dell’aiuto “umanitario” (copyright Padoan), riservato ai più poveri – come truffare un ricco – con l’onere per il malcapitato di dimostrare il raggiro. La rissa è sulla composizione dei collegi arbitrali che dovranno decidere se ci sono colpe della banca emittente e delle due vigilanze, o se il fesso se l’è cercata. Vegas vuole la Consob dentro i collegi, e lo ha strillato al Corriere della Sera due giorni fa, quando Renzi lo aveva tagliato fuori. Ma come tutti anche Vegas vuole essere giudice di se stesso. La notizia sulle speculazioni del suo amico Carlo De Benedetti sui titoli delle Popolari quotate – pubblicata dal Giornale – ha fatto capire a Renzi la potenza di fuoco della Consob, che infatti è subito rientrata nei collegi arbitrali.

In realtà non c’è da fare nessuna analisi “caso per caso”. Il caso è uno solo, enorme. C’è stata una decisione “di sistema” a partire dal 2009, quando le banche, travolte dalla crisi finanziaria mondiale, avevano bisogno di nuovo capitale. Gli investitori istituzionali (e consapevoli) erano in fuga, bisognava andare a prendere i soldi ai risparmiatori. In questi anni sono state piazzate obbligazioni subordinate per 35 miliardi. Il mandante dell’operazione è stata l’Abi, l’associazione delle banche italiane. L’esecutore materiale la Banca d’Italia, che scriveva compite letterine alle banche in difficoltà ordinando di “dotarsi di nuovo capitale” per patrimonializzarsi. La Consob ha fatto da palo, allentando regole e controlli sulle obbligazioni subordinate.

Chi comprava un bond subordinato emesso da Banca Etruria a ottobre 2013 aveva il 62,7% di probabilità di perdere metà del capitale
La prima mossa l’ha fatta nel 2009 l’allora presidente della Consob Lamberto Cardia, eliminando l’obbligo dei cosiddetti scenari probabilistici per le subordinate. Al Tg La7 il giornalista Marco Fratini ha efficacemente spiegato per il largo pubblico che “è come togliere il semaforo da un incrocio pericoloso”. Lo scenario probabilistico serve a calcolare le probabilità di guadagnare o perdere su un titolo. Esempio: alla subordinata emessa da Banca Etruria a ottobre 2013 mancava questa informazione essenziale, il risparmiatore aveva il 62,7 per cento di probabilità di perdere la metà del capitale. Per alcuni anni, anche in mancanza dell’obbligo, la Consob ha continuato ad accompagnare le obbligazioni con previsioni statistiche. Per esempio nel 2010 la Popolare di Vicenza ha emesso una subordinata a tasso fisso (4,60 per cento, poco più di un Btp): lo scenario probabilistico attribuiva il 24 per cento di probabilità all’ipotesi di perderci soldi o guadagnare meno che con un titolo di Stato. Nel 2011 Vegas ha eliminato del tutto gli scenari probabilistici, consentendo agli istituti di continuare la rapina dei clienti.

Le banche avevano disperatamente bisogno di eliminare quel semaforo: dovevano attraversare gli incroci a tutta velocità, inseguite dalla crisi. Il 29 ottobre del 2008, due settimane dopo il fallimento della Lehman Brothers, Cardia lo disse. Visto che gli investitori professionali erano in fuga, la crisi, disse, “potrebbe orientare le banche a collocare obbligazioni subordinate e prodotti ibridi poco adatti, per profili di rischiosità e complessità, a investitori al dettaglio”. Le banche infatti si sono scatenate, vendendo ai propri clienti proprie obbligazioni, in un conflitto d’interesse che lo stesso Cardia denunciava nei convegni, salvo poi non fare niente. La Consob guardava. Bankitalia gongolava. È tutto scritto anche questo. Nel 2010 uno studio della Consob ha rivelato che, già nel biennio 2007-2009, le banche avevano piazzato obbligazioni subordinate per 20 miliardi alla clientela retail e per soli 4 miliardi agli istituzionali. Solo il 9 per cento di quei titoli erano liquidi, cioè vendibili. Consob e Bankitalia sapevano e lasciavano fare.

Adesso dicono che, “in tempi non sospetti” (in realtà sei mesi fa), il governatore Ignazio Visco ha chiesto di vietare la vendita delle subordinate ai “semplici risparmiatori”. Ma nel 2011, quando ancora le banche dovevano fronteggiare la fuga degli investitori stranieri dalle loro obbligazioni, l’allora governatore Mario Draghi si compiaceva della loro capacità di spolpare i clienti: “Nel confronto con gli intermediari di altri Paesi più dipendenti dalla raccolta all’ingrosso, il nostro sistema bancario beneficia di un’ampia provvista al dettaglio, che è poco sensibile alla volatilità dei mercati”. Si noti che “sensibile alla volatilità” significa sensibile al prezzo. Banca Etruria ha collocato obbligazioni subordinate con cedola al 5 per cento quando ragionevolmente il rischio che quel titolo conteneva doveva essere remunerato con il 10-12 per cento. I vigilantes di Consob e Bankitalia lo sapevano benissimo. Ecco cosa dice Visco il 31 maggio 2012: “Alla fine dell’anno cessavano quasi del tutto le emissioni di obbligazioni bancarie sui mercati internazionali. Le tensioni si riflettevano sul costo della provvista e sulla disponibilità di credito”.

Gli investitori avveduti chiedevano cedole alte, e l’unica soluzione per salvare le banche malmesse era di indurle a rapinare i clienti vendendo obbligazioni rischiose, ma a tasso infimo. Altro che “esame delle posizioni individuali”, come dice Padoan: chiunque abbia comprato quei titoli a quei prezzi ha dimostrato di essere uno sprovveduto a cui la banca ha piazzato le subordinate solo perché sprovveduto o ingannato, anche se miliardario. Finirà che dovranno risarcire tutti. Per questo Renzi è così nervoso.

da Il Fatto Quotidiano del 16 dicembre 2015

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