“SCIOGLIERE IL PD? GIÀ FATTO. L’UNICA FORZA SOCIALE È IL M5S”

Marco Revelli:
Intervista di Silvia Truzzi, Il Fatto Quotidiano, 1 Ottobre 2022
“Da lontano”. È la prima cosa che dice Marco Revelli – sociologo e politologo – quando gli chiediamo da dove viene la sanguinosa sconfitta della sinistra. “Il primo punto che condivido dell’appello lanciato da Rosy Bindi e sottoscritto da importanti e autorevoli firme”.
La disfatta è il prodotto di una lunga serie di errori?
Errori inescusabili e clamorosi, commessi da un gruppo dirigente che sembra essere stato mosso dalla volontà di perdere. La lunga marcia del Pd verso la dissoluzione della propria identità risale alla sua fondazione, alla scommessa che Veltroni fece su un cambio radicale di pelle, senza saper bene quale pelle indossare: la fusione a freddo tra Ds e Margherita non aveva dietro di sé un grammo di pensiero e attenzione alle culture politiche.
A questo si aggiunge il progressivo allontanamento dal mondo del lavoro e dalle classi sociali di riferimento, gli ultimi e i penultimi. Il compito del Pd avrebbe dovuto essere quello di saldare le fratture che si stavano creando tra ultimi e penultimi. Se ne sono totalmente disinteressati, impegnati com’ erano ad accreditarsi presso i vari establishment.
La malattia è il governismo?
Ha giocato un ruolo: pensare che o governi o non esisti è stato un abbaglio. Ma c’è anche un cambiamento di orizzonte ideale e sociale. Lo dico con il titolo di un libro che non mi è piaciuto: il desiderio di essere come tutti. Dove per tutti dobbiamo intendere il mondo di sopra.
Altri punti di condivisione con l’appello?
La richiesta di radicale discontinuità con il passato, che è solo il punto di partenza per avviare una riflessione costruttiva. Il giudizio sulla scellerata decisione di presentarsi divisi, l’aver giocato una partita come se si votasse con un sistema proporzionale, quando il sistema è maggioritario. E dei peggiori maggioritari! Questa legge elettorale l’ha voluta il Pd, Gentiloni mise addirittura la fiducia. Poi non hanno mosso un dito per cambiarla. Il proporzionale avrebbe permesso un quasi pareggio con questo orribile e sgangherato centrodestra a trazione fascista. Non l’hanno fatto: per questo saranno giudicati in eterno.
E sul congresso?
Giustissima la richiesta di non infliggere al Paese un congresso giocato sulla lotteria dei nomi, cosa che purtroppo sta già succedendo, a parte il fatto che non si capisce chi potrebbe incarnare una leadership autenticamente ri-fondativa. L’invocato scioglimento è già nelle cose: la materia prima con cui si potrebbe costruire un progetto politico di peso il Pd non ce l’ha. Se posso registrare una distanza dall’appello è che mi pare animato da un eccesso di ottimismo. Non staremmo così male se a queste parole di saggezza si rispondesse con una disponibilità al dialogo.
Perché?
Nel documento si indicano una serie di valori da cui ripartire: la dignità del lavoro, la giustizia sociale e ambientale, la lotta alle diseguaglianze, la pace e il disarmo, la cittadinanza per i nuovi italiani. Questo partito è stato il partito delle armi, del jobs act che ha abolito l’articolo 18. Sulla cittadinanza ai nuovi italiani, non dimentichiamo che quello è anche il partito di Marco Minniti. Quanto alla sensibilità ambientale è il partito della devastazione in Val di Susa, quello che ha continuato a tenere aperta l’Ilva…
E i 5 Stelle? Le posizioni di sinistra sono un definitivo approdo identitario?
Il Movimento di Conte è stato l’unica forza che ha assunto la questione sociale nei suoi aspetti più drammatici durante la campagna elettorale. La battaglia per il salario minimo e l’introduzione del Reddito di cittadinanza lo rendono l’unico possibile interprete della parte più fragile della società.
L’ultima domanda non è per il professore, ma per il figlio del partigiano Nuto. Cosa ha provato vedendo il trionfo di una destra post-fascista?
Mi addolora dirlo, ma sono contento che mio padre non debba assistere a questo scempio.

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