A SINISTRA, A DESTRA, O DI TRAVERSO?

di Raffaella Costi‎
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Comitato Per Il No Al Taglio Dei parlamentari

Quando un Paese viene continuamente indirizzato verso il disprezzo per le sue istituzioni e in quelle albergano anche personaggi che dovrebbero invece stare da tutta un’altra parte (dalla bocciofila ai giardinetti, a dietro le reti dei cantieri, a un corso di storia, a uno di recupero di italiano e così via), il popolo di quel Paese finisce col convincersi dell’inutilità delle istituzioni come strumento per il funzionamento dello Stato.

E di fronte a un organo costituzionale come il Parlamento, che contiene 4 pregiudicati (proprio condannati in via definitiva), 32 parlamentari sotto processo, o in attesa dei vari gradi di giudizio e altri 6-7 sotto indagine, è piuttosto normale che quel popolo provi un sano senso di ripulsa.

Contemporaneamente, però, quello stesso popolo dovrebbe provare anche a fare qualche distinguo, o, almeno, un paio di conti, perché se le mele marce, o in condizione sospetta, sono meno del 5%, tagliare il numero dei parlamentari del 36%, come avverrebbe nell’idea di chi ha votato la legge, pare decisamente eccessivo. Anche Pisistrato, per ottenere il consenso popolare, mostrò in pubblico certe ferite che si era procurato da solo, come prova di un’aggressione politica da parte dei suoi oppositori. Il popolo gli credette, ma Pisistrato fu un tiranno.

Oggi è molto chiaro come il significato politico del “taglio” vada dalla riduzione della rappresentanza dei partiti minori, all’aumento del peso del governo, con buona pace della democrazia. Circa il significato economico, ormai lo sanno anche i sassi che vale un caffè all’anno, per i prossimi tre anni, per ogni cittadino adulto.

Restano i comunque deprecabili e vergognosi casi di parlamentari incasinati con la legge, ma quei casi sono trasversali ai partiti.

Dunque il problema non è il Parlamento, ma sono i partiti, l’elettorato dei partiti, il come si relazionano i partiti col proprio elettorato, il finanziamento dei partiti, il significato del concetto di rappresentanza, in assenza di un sistema elettorale (e non semplicemente di una legge) per cui ogni cittadino sappia chi sta eleggendo, con quali meccanismi, quale rapporto potrà avere con il o la suo/a rappresentante e via intuendo.

E allora, se il problema è l’assenza di un sistema elettorale che ponga i partiti, i/le parlamentari e il loro elettorato davanti alle proprie responsabilità, chi non ha commesso o sostenuto abusi si deve arrabbiare ferocemente, indipendentemente dalla propria posizione politica, davanti al taglio di rappresentanza, che impoverisce i cittadini e toglie ai partiti minori ogni possibilità di crescere.

Nasce il bisogno di reagire a un sistema elettorale che sarà da modificare nella sua struttura, con una riforma gigantesca, certo non fatta con l’accetta del taglialegna, ma sempre attenta a non tradire mai lo spirito costituzionale. Perché la Costituzione è una vecchia signora dalla pelle delicata e ci vuol poco a farla sanguinare.

La reazione, dunque, non è di destra, o di sinistra, o di centro: è trasversale, come trasversale è il desiderio di vivere in un Paese dove tutte le elettrici e tutti gli elettori vengano rappresentati. Per questa ragione tante persone si sono messe di traverso, diversissime tra loro, ma con un obiettivo comune: consentire al popolo sovrano di esercitare direttamente quella sua sovranità, nel momento in cui viene lesa alla maniera auspicata da Licio Gelli, con anzi un ulteriore giro di vite rispetto a Gelli stesso.

Dunque, la trasversalità dell’idea che guida questo referendum è un segno di civiltà, di desiderio comune ai suoi sostenitori di parlarsi e lavorare insieme, superando gli steccati politici, in nome di qualcosa che viene riconosciuto come più alto e la trasversalità stessa, in questa particolare situazione, diventa un valore. È un valore nuovo, ma non inesplorato: già in Italia furono vinti referendum importanti, da parte di comunisti, socialisti, democristiani e cattolici insieme, di donne e di uomini insieme e non fu per ecumenismo, ma in nome della possibilità di ogni persona di scegliere. Si trattava allora di diritti civili ed è accaduto molto tempo fa, in un tempo che pareva dimenticato.

Riscoprire oggi il senso della trasversalità di una idea, a difesa della Costituzione, non può essere sbagliato, per come va molto oltre i diritti individuali e difende il diritto collettivo primario, perché se il tuo voto non conta, allora la democrazia smette di esistere.

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