Anche questa volta è NO

Comitato per il NO alla riforma Costituzionale – Vercelli·Giovedì 3 settembre 2020·5 minuti
Se in altre circostanze il NO era dovuto a riforme costituzionali pasticciate e scritte male che generavano più problemi di quanti pretendevano di risolverne, questa volta il NO è a una riforma che con chiarezza afferma che gli unici obiettivi sono ridurre il pluralismo estromettendo dal parlamento le minoranze, ridurre la rappresentanza e indebolire il già gracile rapporto tra rappresentanti e rappresentati, sminuire il ruolo del Parlamento rendendolo strutturalmente subalterno all’esecutivo, rafforzare il potere dei vertici di partito e dei centri di potere extra-istituzionali continuando a negare al cittadino il diritto di partecipare alla selezione dei candidati e alla scelta tra i candidati.
Riforma chiara nei suoi obiettivi ma altrettanto rozza e pressapochista al punto che da novembre 2019 è depositato in Parlamento un nuovo DDL di riforma costituzionale che propone di modificare nuovamente l’articolo 57 (elezione del senato) appena modificato. Tanta era la fretta dei proponenti di demolire la rappresentanza parlamentare che mentre riducevano il numero dei senatori non si resero conto che occorreva almeno superare il criterio di elezione su base regionale dei senatori per evitare che in tantissime regioni solo i maggiori partiti avrebbero avuto eletti. Da qui la nuova proposta anche a firma di deputati del M5S.
Pensate a una regione come il Piemonte. Con questo taglio eleggerebbe solo 14 senatori, di cui 5 con il maggioritario e 9 con il proporzionale. Evidente che chi non supera l’11% non avrà alcun eletto! Immaginate adesso tutte le regioni che eleggono meno di 14 senatori: la situazione peggiora notevolmente. Ance con un proporzionale la cosa non cambierebbe in modo sostanziale: in Piemonte solo chi supera il 7% avrebbe un eletto, ma dove si eleggono 7 senatori servirebbe superare il 14%!
Che senso ha in un sistema a bicameralismo paritario avere un Senato profondamente diverso dalla Camera nei suoi rapporti di forza?
Gli apprendisti costituenti hanno così ingigantito tutti i problemi dovuti al nostro bicameralismo paritario!
Il referendum sul taglio dei parlamentari prevede la drastica riduzione dei seggi in entrambe le Camere. Si passerebbe da 630 a 400 seggi alla Camera e da 315 a 200 seggi al Senato, con un taglio pari al 36,5%.
Con il taglio dei seggi, aumenta il numero di abitanti per parlamentare. Per ciascun deputato si passa da 96.000 a 151.000 abitanti e per ciascun senatore da 188.000 a 303.000 abitanti, con un rapporto di rappresentanza che non ha eguali in Europa nonostante l’Italia sia l’unico paese a bicameralismo paritario.
La riforma costituzionale, in assenza di una contestuale riforma elettorale e dei partiti, compromette la rappresentanza parlamentare e il ruolo stesso del Parlamento.
La riforma svilisce il ruolo del Parlamento e ne riduce la rappresentatività, comprimendo seriamente il pluralismo.
La riforma non presenta vantaggi sul piano dell’efficienza delle istituzioni democratiche perché non agisce sul procedimento legislativo, sulla organizzazione dei lavori parlamentari e sulla distribuzione delle funzioni tra le due camere.
La riforma riduce in modo irragionevole la rappresentanza delle comunità territoriali con il rischio che molte Regioni finirebbero con l’essere sottorappresentate e molte comunità marginalizzate.
La riforma aggraverebbe i problemi del bicameralismo paritario perché accentua la distanza nei rapporti di forza interni a ciascuna camera.
La riforma non incide sulla qualità dei rappresentanti; diminuendo il numero dei parlamentari non migliora il livello qualitativo perché questo dipende dai meccanismi di selezione dei candidati, che resta affidata in modo opaco agli apparati di partito, e dalla possibilità di scegliere tra i candidati, diritto da tempo negato agli elettori.
La riforma riduce il pluralismo estromettendo le minoranze dal Parlamento e riducendo il peso politico di tutti i partiti fino al 15%.
La riforma necessita di una profonda modifica dei regolamenti parlamentari e se questa non dovesse essere attuata in questa legislatura, il prossimo parlamento sarebbe paralizzato perché non potrebbe funzionare con gli attuali regolamenti a causa del ridimensionamento dei parlamentari. Si tenga presente che in Italia un parlamentare può essere componente del Governo e in questo momento circa 80 parlamentari hanno ruoli governativi; 80 su 600 significa oltre il 13%; ciò indebolisce ulteriormente il parlamento, i cui lavori sono basati sulle Commissioni.
La riforma costituzionale, senza una nuova legge elettorale e una legge sulla democrazia interna ai partiti, accentua il potere dei capi partito e l’influenza delle lobby. Di tutto questo non c’è traccia perché anche la nuova proposta di legge elettorale non solo è poco proporzionale, ma non modifica alcunché riguardo ai meccanismi di selezione e votazione dei candidati, perpetuando un parlamento di NOMINATI!
I promotori di questa riforma fanno leva sul discredito della classe politica per ridurre il ruolo del parlamento, ridurre il pluralismo e la rappresentanza senza curarsi di migliorare la qualità degli eletti, di migliorare il procedimento legislativo, l’efficienza delle istituzioni, la qualità della democrazia rappresentativa, che ne esce mortificata perché si indebolisce ulteriormente il rapporto tra eletti e rappresentati.
Il modestissimo e ipocrita risparmio non può bilanciare questa devastazione della democrazia rappresentativa. Se realmente chi vuole il taglio fosse interessato al risparmio, allora sarebbe intervenuto sulle indennità parlamentari, sulle diarie, sui privilegi, sui contributi ai gruppi parlamentari che ammontano a 55 milioni di euro all’anno, quasi la stessa cifra che si risparmierebbe con questa riduzione dei parlamentari (circa 57 milioni di euro all’anno, lo 0,007% della spesa pubblica, secondo la stima effettuata dall’Osservatorio conti pubblici italiani, diretto da Carlo Cottarelli). Invece il M5S non ha nemmeno provato a toccare indennità e privilegi.
Per tutte queste ragioni voteremo e invitiamo a votare NO al referendum del 20 e 21 settembre!

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