Girovagando nel mondo del SI

di Sergio Bagnasco
Leggo dichiarazioni di voto per il SI in cui si mette in risalto che non bisogna avere timori per il nuovo, per il cambiamento … dando per scontato che nuovo significhi migliore e cambiamento significhi miglioramento.
Ovviamente, il nuovo può essere peggio del vecchio e il cambiamento può essere in peggio.

A queste suggestioni per il nuovo fa da contraltare l’atteggiamento di chi teme che se vincesse il NO non si parlerebbe più di riforme costituzionali.
La storia però dimostra che i tentativi di riforma vanno avanti senza tregua nonostante i tanti fallimenti. Chi dice “oddio, se vince il no si fermano le riforme” esprime una ansia immotivata.
In quest’ultima categoria rientra con stupore Lorenza Carlassare che recentemente ha dichiarato a la Repubblica “Se passasse il No, nulla verrebbe più cambiato. In particolare non verrebbe più cambiata neppure la legge elettorale” …

Che Carlassare esprima un timore dovuto alla sua ansia è scritto nella storia: nonostante i tanti tentativi falliti, siamo qui a discutere di riforma costituzionale e di altre riforme per mitigare i danni provocati da quella su cui si voterà a breve. Allo stesso modo di legge elettorale discutiamo da tre decenni e non abbiamo chiuso la stagione della transitorietà nonostante due sentenze costituzionali che hanno bocciato aspetti rilevanti e caratterizzanti tanto del porcellum quanto dell’italicum.

La stessa Carlassare a settembre del 2019 affermava che in questo taglio dei parlamentari vedeva un rischio di “perdita di rappresentativitĂ  dell’assemblea. Quindi il mio giudizio è condizionato al fatto che si faccia una riforma elettorale in senso proporzionale”. E aggiungeva che “è indispensabile un sistema proporzionale che dia voce alle minoranze, perchĂ© eliminandole o soffocandole si indebolisce la prima ragione per cui le Costituzioni nascono, cioè per sottoporre a limiti e regole il potere. (…) una minoranza ridotta all’irrilevanza non può svolgere un’opposizione necessaria ed efficace”.

Come si vede un pensiero articolato è stato soppiantato da una ansia immotivata.
Tanto più, che la legge proporzionale non c’è, quella in discussione è poco proporzionale perché lascia inalterato l’elevato numero di circoscrizioni, non risolve il problema del Senato che resta eletto su base regionale e come se non bastasse non restituisce agli elettori il DIRITTO di scegliere i propri rappresentanti.

Ed ecco che Carlassare, dopo averci comunicato le sue ansie, ci tiene a comunicarci anche le sue speranze … affermando che ci vuole una nuova legge elettorale perché con la legge attuale “ la scelta di chi sarà eletto è unicamente operata dalle direzioni dei partiti ed è verso questi che gli eletti si sentono responsabili, prescindendo completamente dal rapporto con gli elettori”; aggiunge “In questa situazione non conta tanto il numero dei parlamentari quanto il loro rapporto con gli elettori. Se verso di noi non sentono alcuna responsabilità, di che democrazia stiamo parlando?”
Evidentemente Carlassare non ha letto la proposta di legge elettorale in discussione che non prevede affatto che finisca l’epoca dei parlamenti di “nominati” dalle direzioni dei partiti!
Non solo, se chi ha voluto questa riduzione dei parlamentari fosse interessato alla rappresentanza e alla democrazia, nell’accezione del termine utilizzato da Carlassare, non avrebbero riconfermato a maggio 2019 con la legge n. 51 il rosatellum con le sue liste bloccate e senza voto disgiunto tra candidato uninominale e lista bloccata proporzionale e non avrebbero presentato una proposta di nuova legge elettorale che non prevede la preferenza.
https://www.ilfattoquotidiano.it/…/referendum-carl…/5914825/

Alla categoria degli speranzosi, di coloro che dicono “si ma”, “forse”, “se” … possiamo iscrivere anche Valerio Onida che giustamente squalifica come “fasulla” la motivazione sul risparmio, critica alcuni argomenti di altri che hanno dichiarato di votare NO, come Molinari che in effetti ha espresso dei concetti poco chiari, osserva che già adesso ci sono differenze al senato nella rappresentanza delle Regioni, e non c’è dubbio che sia così perché avendo nel 1963 portato il minimo a 7 senatori, tranne la Valle d’Aosta che ne ha 1 e il Molise che ne ha 2, e dividendo tutti gli altri in base alla popolazione, ne consegue che l’Umbria ha 7 senatori con meno di 900.000 abitanti e la Calabria ne ha 10 con 1,9 milioni d abitanti.
Però con il taglio l’Umbria scende a 3 e la Calabria scende a 6 quindi è vero che esiste ed esisterà una sproporzione nella rappresentanza dovuta al numero minimo che favorisce le regioni con poca popolazione, ma questo non compromette quasi nulla (i senatori da ridistribuire se adottassimo un criterio puramente in base alla popolazione sarebbero meno di dieci mentre se ne tagliano 115), mentre il problema serio è che con la riforma anche se andassimo a una legge puramente proporzionale il quorum per avere un eletto in Calabria sarebbe pari al 16,67% e in Umbria sarebbe pari al 33,33%; sotto queste soglie si rischia di non avere eletti!

Onida per gusto polemico mette in risalto una inezia (la maggior rappresentanza di un territorio rispetto ad altri) trascurando un problema enorme in una democrazia rappresentativa a bicameralismo paritario, vale a dire che in tante regioni solo i partiti maggiori (ovvero sopra il 15%) avranno eletti e questo non solo nuoce al pluralismo ma rende più instabile il quadro politico perché i partiti avranno un peso profondamente diverso tra Camera e Senato.

Il punto forte però arriva quando Onida afferma che con meno parlamentari il Parlamento potrebbe persino funzionare meglio “SE …” … se si provvedesse a modificare una serie di aspetti relativi al funzionamento delle camere. Peccato che questi aspetti sarebbero importanti a prescindere dal numero di parlamentari, quindi la domanda è: perché non si è provveduto a fare le cose che si possono già fare?

La speranza è l’ultima a morire, ma la necessità di rinunciare alle illusioni è la necessità di rinunciare a una esistenza che ha bisogno di illusioni per essere vissuta!
https://www.ilfattoquotidiano.it/…/col-taglio-degl…/5909630/

Poi abbiamo la categoria degli estimatori della qualitĂ .
Ecco allora la numerosa schiera di coloro che dicono se scendiamo a 600 avremo parlamentari più capaci, bravi, solerti …
Strana aspettativa perché nulla impedisce alle segreterie dei partiti di selezionare candidati capaci, bravi e solerti. Se oggi i capi partiti amano circondarsi di incapaci, faccendieri e sfaccendati che utilizzano la politica per risolvere il personale problema occupazionale … perché domani dovrebbero cambiare?
Già, perché la riforma non agisce sui meccanismi di selezione dei candidati e non restituisce agli elettori il diritto di scelta.

Il campionario umano prosegue con la categoria dei prudenti che preferiscono procedere un passo alla volta.
Costoro ci dicono che questa riforma è il primo passo di un più vasto progetto e la scelta è stata quella di presentare un pacchetto omogeneo.

L’argomento è in parte suggestivo, ma a una analisi minimamente attenta non regge.

Scegliere da dove partire è una scelta politica. Perché partire dal numero dei parlamentari, che non risolve alcun problema, e non dal come si scelgono i parlamentari che potrebbe permettere di risolvere un problema di rappresentanza e di democrazia?
Perché non partire dalla riforma del bicameralismo che a detta di tutti qualche problema lo genera?

Riguardo al pregio indiscusso della omogeneità, la riforma modifica alcuni aspetti degli art 56, 57 e 59 della Costituzione. Senza allargare il perimetro degli articoli coinvolti, si poteva modificare il criterio di elezione regionale del Senato che come già visto crea problemi così evidenti che già a novembre 2019 è stato presentato un DDL di modifica dell’art. 57 a firma anche di alcuni parlamentari del M5S
https://www.camera.it/leg18/126?leg=18&idDocumento=2238

Che senso ha fare una riforma per accorgersi subito dopo che servono altre riforme?
Questo non significa fare un passo alla volta ma significa essere pressapochisti, superficiali.

L’omogeneità poteva essere rispettata anche senza tralasciare altri aspetti di cui anche il M5S oggi riconosce la necessità.

Infine, è interessante il concetto del procedere un passo alla volta ma sarebbe interessante conoscere il traguardo verso cui ci muoviamo, traguardo che invece è oscuro mentre si procede con una riforma che oggettivamente riduce la rappresentanza. Perché se diminuisce del 36,5% il numero di parlamentari è matematico che alcune componenti sociali, culturali e politiche saranno escluse e altre saranno fortemente ridimensionate.

Infine ci sono gli unanimisti: “ma cosa vogliono, adesso, quando tutti hanno approvato questo taglio”.
Questa esibita unanimità nasconde che in realtà in tre votazioni PD e LeU hanno votato contro la riforma sostenendo anche che servivano altri correttivi, che guarda caso sono alla base dell’accoro raggiunto un anno fa per dare l’ultimo definitivo SI alla riforma.
In pratica, se PD e LeU non accettavano di votare SI all’ultimo passaggio parlamentare, il M5S non avrebbe fatto nascere la nuova maggioranza e sarebbero state elezioni anticipate, con il rischio dell’esercizio provvisorio oltre agli altri timori politici.
Quel voto fu quindi la conseguenza di un diktat del M5S; il SI ci fu ma subordinato a una nuova legge elettorale e altre riforme di cui oggi non c’è nulla e nessuno sa se ci saranno.

In definitiva noi avremmo con la riforma 1 deputato ogni oltre 150.000 abitanti, rapporto che non esiste in alcun paese europeo. Nemmeno nella camera federale tedesca, il Bundestag, che ha un deputato federale ogni 117.000 abitanti … ma c’è qualcuno che ha il coraggio di affermare che ci allineeremmo ai paesi europei più virtuosi. Evidentemente costoro vedono doppio!

Ancora una volta, abbiamo la conferma che per sostenere il Si a questa riforma costituzionale occorre rifugiarsi nelle ansie immotivate, nelle fantasie speranzose o in argomenti falsi, illogici, capziosi.

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