Ben tornata, Europa. Altro che Grexit !

minerva
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Posted on lug 8, 2015 by Sergio Di Cori Modigliani

Di quale Europa stiamo parlando? Il problema consiste nell’ottusità miope dei commissari delle singole nazioni, questo è il vero ostacolo. Ogni volta che c’è una riunione ed è necessario prendere una decisione comune, i singoli rappresentanti hanno un unico obiettivo: mettere la firma su un comunicato che a loro serva per poterlo utilizzare a fini elettorali interni nella nazione alla quale appartengono, propagandando la linea del loro partito. Praticamente, usano la Ue come piattaforma di una eterna propaganda elettorale.
Emma Bonino 6 Luglio 2015

di Sergio Di Cori Modigliani
Siamo al delirio.

A meno che non si verifichino delle clamorose sorprese o degli improvvisi cambi di rotta provocati dall’insorgenza della razionalità, della buona volontà e della lungimiranza politica, è molto probabile che lunedì pomeriggio, 12 Luglio, a sostenere la Grecia e la strada politica intrapresa dal suo governo, saremo rimasti in due, in Italia: il sottoscritto e Angelo Consoli, forse gli unici o due tra i pochi, che dal 2010 hanno cercato di raccontare che cosa stesse accadendo per davvero, attraverso le interpretazioni, le notizie e le informazioni che l’economista Yannis Varoufakis diffondeva dal suo blog. Lunedì prossimo, infatti, gran parte della verità sarà saltata fuori. E, ripeto ancora, non è una questione di soldi ma di visione delle cose da un’altra prospettiva. Le informazioni ufficiali che trapelano e vengono date in pasto alle agenzie e ai media hanno un unico obiettivo: inventare una realtà fittizia parallela per consentire alla speculazione e ai broker di far risalire le borse con titoli gonfiati, ottenendo quindi un immediato guadagno. Tanto è vero che mi sembra di vedere lo stesso identico scenario delle due settimane precedenti al referendum, quando si diffondevano voci (false) su presunti accordi, presunte soluzioni, presunte iniziative per tirar su le borse e far guadagnare gli investitori privati. Un ombrello mediatico per farci credere che l’esito referendario non ha comportato nessuna modificazione al quadro preesistente.
Lunedì scorso c’erano stati subito i primi accenni della partita in gioco, quando la destra e la sinistra italiana hanno cominciato a riportare il dibattito sulla questione dei soldi e della finanza. Dalla Lega Nord (“neppure un euro dei nostri soldi alla Grecia” Claudio Borghi) al PD (“se la Grecia vuole essere aiutata deve fare le riforme come abbiamo fatto noi, perché non è giusto far pagare ai virtuosi italiani il prezzo dello sperpero greco” Deborah Serracchiani) il mantra liberista che vuol far credere si tratti di una questione di soldi ha iniziato il suo tortuoso e diabolico percorso mediatico. Ieri sera, su La7, il conduttore Gianluigi Paragone ha introdotto una sua argomentazione, amorevolmente assistito da Claudio Velardi, che veniva presentata con subdola modalità surrettizia: “Ma perché Varoufakis si è dimesso?” si chiedeva retoricamente, per poi suggerire l’ipotesi che se ne va lasciando la patata bollente e grazie alla visibilità conquistata se ne va a fare il relatore nei convegni internazionali super pagato. Gli faceva eco Alessandro Sallusti, dalla sede del suo giornale di Milano, “attaccando” la Germania e ricordando più volte ai telespettatori che l’Italia è una potenza in Europa, una grande nazione, dato che è la settima potenza economica al mondo… E gli ascoltatori ingoiavano queste perle. Rispondo subito a Sallusti e anche ad Enrico Mentana, che nel suo blog due giorni fa si chiedeva come mai ci fossero riunioni tra la Merkel e Hollande alle quali l’Italia non veniva invitata. La risposta è molto semplice, e questo blog lo ha detto più volte negli ultimi mesi: l’Italia non è una potenza. Purtroppo. Non lo è più. E’ stata buttata fuori dal G7. E’ stata buttata fuori dal G8. E da otto mesi è stata buttata fuori anche dal G10. Non lo dicono, ma questo non vuol dire che non sia vero. Grazie a -sequenza cronologica- Romano Prodi, Massimo D’Alema, Silvio Berlusconi, Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Mario Monti, Enrico Letta e Matteo Renzi, l’economia italiana ha perso il 22% del proprio pil, la disoccupazione è salita, negli ultimi dieci anni, dal 7,4% al 13%, la povertà è triplicata, le dieci più importanti banche nazionali che controllano la Banca d’Italia non sono più italiane, passate sotto il controllo della finanza speculativa statunitense (Black Rock e Goldman Sachs) di quella araba (Qatar, Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, che insieme controllano Unicredit e Intesa S.Paolo) e di quella cinese; l’Italia, oggi, è undicesima. Questo è l’elenco delle prime dieci potenze economiche al mondo in ordine di produzione e creazione di pil: 1). Usa. 2). Cina. 3) Giappone. 4) Germania. 5) Gran Bretagna. 6) Francia. 7) Brasile. 8). Russia. 9). India. 10) Corea del sud.
L’Italia non c’è.
L’Italia non c’è più.
Questo è il mondo reale oggi, e sulla base dello statuto europeo, Merkel e Hollande sono autorizzati e legittimati a non coinvolgere uno stato che non fa parte nè del G7, nè del G8 nè del G10. La nuova realtà economica non è formalizzata e viene poco raccontata, altrimenti si corre il rischio che gli italiani si rendano conto del danno che è stato procurato loro negli ultimi 20 anni e magari aprono perfino gli occhi.
Per quanto riguarda Varoufakis -sorry Paragone e Velardi- è più vivo e attivo che mai. La motivazione che ha prodotto le sue dimissioni sta nel fatto che la Troika ha imposto come “conditio sine qua non” il suo licenziamento, nei tre ultimi comunicati (26 Giugno, 29 Giugno, 3 Luglio) pena l’interruzione di ogni forma di colloquio. I burocrati di Bruxelles hanno accolto con enorme soddisfazione l’evaporazione di Varoufakis con grandi applausi nei confronti di Euclides Tsakalotos. Ma basta farsi un mini surfing sul web (tre minuti di tempo) per comprendere che l’attuale neo-ministro è il vero falco della squadra di Syriza. Infatti, ha spiegato subito (riunioni di lunedì e martedì) che non avrebbe mai neppure preso in considerazione le proposte della Troika, perché non aveva nessuna intenzione di parlare di soldi (neanche lui).
Il quadro è un altro.
Varoufakis è ad Atene nel suo ufficio privato dove lavora 12 ore al giorno preparando il testo da presentare domenica. E’ da solo? No. I suoi consulenti, e collaboratori, tra l’altro, sono: Cristina Rohmer, l’alunna prediletta di Paul Krugman, economista, docente di “Economia Politica” presso la Stanford University della California, la donna che nel 2010 si dimise da consulente del governo obamiano dichiarando “la mia coscienza mi impone di non far parte di una squadra che preferisce le istanze dei colossi della finanza speculativa piuttosto che varare subito una legge bavaglio per le banche”: Eric Toussaint, filosofo ed economista belga, ordinario presso la cattedra di Storia delle Dottrine Economiche nell’Università di Liegi, l’autore del testo con il quale Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, nel 2008, protestò il proprio debito definendolo “immorale”, qualificando il Fondo Monetario Internazionale come “una combriccola di gangster al soldo dei mafiosi della finanza planetaria”; John Galbraith, preside della facoltà di scienze economiche dell’Università di Austin, nel Texas, grande sostenitore politico della candidatura presidenziale di Bernie Sanders, leader ambientalista, ecologo, rooseveltiano storico, fondatore del Partito Socialista Usa. Insieme a loro una decina di intellettuali tecnici, i quali, con sapienza e competenza ragionieristica stanno, presumibilmente, preparando il testo con il quale il governo della Grecia comunicherà la propria intenzione di denunciare il proprio debito come immorale, quindi annullandolo ed è probabile anche la denuncia del sistema eroburocratico al Tribunale Internazionale dell’Aja. La tesi ragionieristica, infatti, dimostrebbe che la Grecia ha pagato per intero il proprio debito, così come prescrivevano gli accordi, nell’ammontare di 70 miliardi di euro. La cifra in seguito versata dal 2010 al 2015, corrispondente a 228 miliardi di euro, che hanno portato il debito complessivo alla cifra attuale di 340 miliardi è stata raggiunta in seguito alla pratica da parte della Troika”dell’anatocismo composto”, ovvero interessi sugli interessi sugli interessi, sui quali le banche tedesche, francesi e italiane hanno costruito un sistema di assicurazioni e derivati speculandoci sopra. Da cui la definizione di immorale per ciò che riguarda il debito della Repubblica di Grecia di cui sono stati responsabili tutti i precedenti governi dal 2001 fino al 26 Gennaio 2015.
Sono circa 100 pagine con la minuziosa descrizione (come piace ai tedeschi) di tutto il calcolo relativo agli ultimi dieci anni con la decifrazione di tutte le transazioni bancarie e la complicità dei precedenti governi greci, i quali “hanno mentito al popolo, sapendo che stavano mentendo”.
Oppure, la Troika accetta di cominciare a parlare di ristrutturazione del debito, tagliando subito almeno il 37% della somma (interessi composti maturati soltanto nella gestione Samaras, pari a 120 miliardi) e il resto diluito in dieci anni senza alcuna possibilità di poter praticare nessuna forma di anatocismo: l’interesse da pagare sarà sempre relativo alla cifra originaria e basta. A questo, verrà aggiunta la caduta della seconda clausola imposta dalla Troika (altra conditio sine qua non imposta dai francesi e sottoscritta anche dall’Italia): immediato abbassamento delle trasse del 30% su ogni genere alimentare, farmaco e beni di prima necessità e corrispondente aumento del 30% su tutti i generi di lusso. Il calcolo fornito da quella squadra di tecnici specifica e chiarisce come, grazie al crollo del mercato interno, i ricchi europei (soprattutto inglesi, tedeschi, svedesi, belgi) hanno acquistato proprietà in Grecia dove trascorrono parte dell’anno e dove acquistano beni di lusso ad un prezzo inferiore rispetto al resto d’Europa perché in Grecia non pagano tasse. Nell’ultimo anno, soltanto nelle boutique greche, Prada e Christian Dior, insieme, hanno venduto di più che in tutta l’Italia e la Francia messe insieme e per la Ferrari, la Grecia è diventato il principale mercato europeo.
Per i miliardari europei, la Grecia è diventato il loro paradiso privato.
Il popolo greco rivuole indietro il suo paradiso.
La grande mitologia greca ci ha regalato una squisita favola sull’epica dei terrestri. Si riferisce agli albori dell’umanità, quando l’Olimpo era popolato da dei rissosi, avidi, viziati e viziosi che litigavano tra di loro senza combinare nulla. Stessa cosa avveniva tra gli umani. Zeus era disperato perché non aveva strumenti adeguati. Dopo una delle tante risse in una cena olimpica, disgustato dallo spettacolo (il testo specifica “dalla divina oscenità senza freni degli eterni superiori”) il padre degli dei e dell’universo si ritirò con un insopportabile mal di testa. La sua fedele consorte Era gli massaggiava le tempie ma senza alcun effetto. Le urla debosciate degli dei e degli umani arrivavano fino a lui. La testa cominciò a gonfiarsi e gonfiarsi, sempre di più. Diventò gigantesca. Finchè non si aprì in due e con enorme sollievo del padre di tutti gli dei, venne fuori Athena, la dea dell’intelligenza, della razionalità, della lungimiranza, dell’opportunità. E Zeus così poté agire il suo potere sugli dei e sugli umani.
Senza un’autentica intelligenza collettiva, nessuna nazione d’Europa può aspirare all’evoluzione.
Questo ci ha trasmesso l’antica cultura greca, culla della nostra sapienza.
Fu lei, Athena, a istillare nel cervello di Ulisse l’idea del cavallo di troia.
E’ stata lei ad ispirare in Syriza l’idea del referendum.
Ecco che cosa si stanno preparando a fare i greci, se la Troika non accetta le loro proposte. Gli altri paesi, vittime di identica immoralità, come la Spagna, l’Italia, il Portogallo e la Francia, faranno ciò che ritengono opportuno. Se non altro avranno a disposizione un precedente da poter emulare.
Ciò che conta, adesso, è espugnare Troia, costi ciò che costi.
I media lo sanno e si organizzano di conseguenza.
Anche i marpioni

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