Così i parlamentari sono diventati milionari

Così i parlamentari sono diventati milionari

Quando nacque la Repubblica i costituenti guadagnavano 1.300 euro odierni. Adesso deputati e senatori incassano tredici volte più di un operaio. Il tutto grazie a una serie di leggi che nel tempo hanno gonfiato le retribuzioni. E a provvedimenti ad hoc, furbizie, trucchi e tanta sfacciataggine. Che abbiamo ricostruito

DI PAOLO FANTAUZZI

Così i parlamentari sono diventati milionari

«Onorevoli colleghi, l’opinione pubblica non ha in questo momento molta simpatia e fiducia per i deputati. Vi è un’atmosfera di sospetto e discredito, la convinzione diffusa che molte volte l’esercizio del mandato parlamentare possa servire a mascherare il soddisfacimento di interessi personali e diventi un affare, una professione, un mestiere». La solita tirata contro la casta di qualche parlamentare del Movimento cinque stelle? Macché. Frasi di Piero Calamandrei, giurista, antifascista, partigiano e deputato eletto col Partito d’azione all’Assemblea costituente.Parole pronunciate nel lontano 1947, mentre a Montecitorio era in discussione l’articolo 69 della Costituzione, relativo allo stipendio dei parlamentari. Il paradosso è che all’epoca i costituenti guadagnavano quanto un precario di oggi: 25 mila lire al mese, circa 800 euro. Più un gettone di presenza da 1.000 lire al giorno (30 euro), ma solo quando le commissioni si riunivano in giorni differenti rispetto all’Aula.

“Evoluzione degli stipendi dal 1946 a oggi”

1.207
0
5.000
10.000
15.000
1950
’60
’70
’80
’90
’00
2010
PARLAMENTARE
IMPIEGATO
OPERAIO

Cifre convertite in euro e rivalutate al 2014

Insomma, per quanto diligenti, i 556 rappresentanti che scrissero la Costituzione non riuscivano a portare a casa più di 1.300 euro al mese. Roba da far apparire i grillini – che, al netto dei rimborsi, trattengono circa 3 mila euro – degli sfacciati crapuloni. E in effetti nel dopoguerra lo stipendio dei parlamentari non era altissimo in termini assoluti ma comunque più che dignitoso per una nazione ancora sconvolta dall’economia di guerra, fame, mercato nero e inflazione vertiginosa.

Un Paese senza dubbio più povero ma di certo meno “squilibrato” a favore del Palazzo, visto che un operaio di terzo livello arrivava a raggranellare 13 mila lire al mese, un terzo di un deputato. Mentre dopo quasi 70 anni – come mostra la tabella elaborata dall’Espresso – chi siede in Parlamento guadagna quasi 10 volte più di un impiegato e 13 più di una tuta blu.

Confronto tra stipendi dei parlamentari e degli operai 

  PARLAMENTARE OPERAIO
ANNI INDENNITA’ RIMBORSI TOTALE STIPENDIO RAPPORTO STIPENDI
1946
25.000
15.000
40.000
13.000 3,08
1947
50.000
15.000
65.000
20.000 3,25
1948
65.000
60.000
125.000
36.000 3,47
1963
65.000
435.000
500.000
62.000 8,06
1975
1.067.000
254.000
1.321.000
227.083 5,82
1977
1.114.686
270.000
1.384.686
342.083 4,05
1982
3.618.564
750.000
4.368.564
745.167 5,86
1987
5.880.458
837.000
6.717.458
1.077.083 6,24
1995
7.811.690
4.001.100
11.812.790
1.549.666 7,62
2000
9.237.228
15.332.000
24.569.228
1.762.812 13,94
2002
5.100
9.064
14.164
948 14,94
2004
5.522
10.041
15.563

1.034 15,05
2006
5.635
10.041
15.676
1.096 14,30
2012
5.247
8.783
14.030
1.095 12,81
Fonte: Elaborazioni per l’Espresso su dati Ansa, Banca d’Italia e Camera dei Deputati
Nota: Cifre dal 1946 al 2000 in lire. Cifre dal 2002 ad oggi in euro

STIPENDIO UGUALE DEMOCRAZIA
All’alba della nuova Italia, retribuire i parlamentari era considerato un decisivo fattore di indipendenza e democrazia, tale da consentire anche alle classi non abbienti di partecipare alla vita politica. Senza però esagerare, vista la drammatica situazione del Paese. Per questo nel giugno 1946 fu fissata provvisoriamente la somma di 25 mila lire. Ma l’inflazione era tale che a febbraio 1947 fu necessario portarla a 30 mila lire (740 euro) e a settembre a 50 mila lire (850 euro), elevando il gettone di presenza a 3 mila lire al giorno (51 euro), dimezzato per i residenti a Roma.

Alcide De Gasperi
Alcide De Gasperi

La prima legge sul tema, varata nell’estate 1948 dal governo De Gasperi, è figlia di questa mentalità che allora ispirava la giovane e fragile democrazia italiana: “Ai membri del Parlamento è corrisposta una indennità mensile di L. 65.000, nonché un rimborso spese per i giorni delle sedute parlamentari alle quali essi partecipano”. Tradotto ai giorni nostri: 1.230 euro fissi più un gettone da 100 euro scarsi al giorno (5mila lire) legato alla presenza effettiva. Togliendo fine settimana più i lunedì e i venerdì, in cui le convocazioni sono rare, non più 2.500 euro al mese dunque.

Tutto esentasse, visto che lo stipendio era considerato un rimborso spese e non un reddito. Ma comunque una chimera se si considera che oggi i rimborsi sono prevalentemente forfettari, che le decurtazioni per gli assenteisti valgono solo per i giorni in cui si vota e che per risultare presenti è sufficiente partecipare a una votazione su tre.

Confronto stipendi parlamentari-impiegati

  PARLAMENTARE IMPIEGATO
ANNI INDENNITA’ RIMBORSI TOTALE STIPENDIO RAPPORTO STIPENDI
1946
25.000
15.000
40.000
15.000 2,67
1947
50.000
15.000
65.000
24.000 2,71
1948
65.000
60.000
125.000
42.000 2,98
1963
65.000
435.000
500.000
101.000 4,95
1975
1.067.000
254.000
1.321.000
325.667 4,06
1977
1.114.686
270.000
1.384.686
459.750 3,01
1982
3.618.564
750.000
4.368.564
971.250 4,50
1987
5.880.458
837.000
6.717.458
1.364.333 4,92
1995
7.811.690
4.001.100
11.812.790
2.039.500 5,79
2000
9.237.228
15.332.000
24.569.228
2.261.724 10,86
2002
5.100
9.064
14.164
1.244 11,39
2004
5.522
10.041
15.563

1.352 11,51
2006
5.635
10.041
15.676
1.433 10,94
2012
5.247
8.783
14.030
1.479 9,49
Fonte: Elaborazioni per l’Espresso su dati Ansa, Banca d’Italia e Camera dei Deputati

Nota: Cifre dal 1946 al 2000 in lire. Cifre dal 2002 ad oggi in euroTUTTI IN CARROZZA, PAGA LO STATO
Che l’aria sarebbe ben presto cambiata lo dimostra una legge emanata dal governo Segni nel 1955: “Disposizioni per le concessioni di viaggio sulle ferrovie dello Stato”. Pensata per garantire l’esercizio del mandato popolare, finì per trasformarsi in un privilegio ingiustificato per una pletora sterminata di soggetti. Non solo i politici in carica e il Capo dello Stato ma anche gli ex: presidenti del Consiglio, ministri e sottosegretari (bastava un anno), parlamentari, alti papaveri dei dicasteri, cardinali, familiari del ministro e del sottosegretario ai Trasporti e perfino quelli dei dipendenti delle Camere.

Un privilegio al quale, col passare del tempo, si sarebbero aggiunti una innumerevole serie di altri benefit – molti ancora esistenti – dai biglietti aerei alla telefonia fissa (e poi mobile), dalle tessere autostradali agli sconti sui trasporti marittimi. E così nel 1963, in appena 15 anni, grazie ai bassi salari che furono alla base del miracolo economico, col suo mezzo milione al mese un parlamentare era già arrivato già a guadagnare il quintuplo di un impiegato (il cui salario si aggirava sulle 100 mila lire) e otto volte più di un operaio (poco sopra le 60 mila lire).

ARRIVA L’ASCENSORE

Aldo Moro e Pietro Nenni
Aldo Moro e Pietro Nenni

Ma è con la legge varata nel 1965 dal centrosinistra (premier Aldo Moro, vicepresidente il socialista Pietro Nenni) che si deve l’esplosione dei redditi dei nostri rappresentanti: lo stipendio veniva infatti agganciato a quello dei presidenti di sezione della Cassazione e fra l’altro soggetto a imposta solo per il 40%. Inoltre a titolo di rimborso per le spese di soggiorno a Roma si istituiva la diaria (esentasse). Ciliegina sulla torta: siccome la legge non lo specificava, le 120 mila lire per vivere nella capitale (1.250 euro di oggi) furono accordate anche quelli che vi risiedevano già. Un capolavoro. Tuttora in vigore, sia pure con qualche modifica.

Certo, anche i comuni mortali hanno avuto le loro soddisfazioni. Negli anni ’70, ad esempio, per effetto delle lotte sindacali, i lavoratori dipendenti e in particolar modo degli operai hanno conosciuto un aumento delle retribuzioni che ha fatto diminuire il distacco dagli onorevoli. Al punto che nel 1977 un metalmeccanico poteva guadagnare un quarto di un parlamentare: rispetto al 1963, un dimezzamento dello “spread”.

Poi il governo Craxi taglia la scala mobile e la forbice torna ad allargarsi inesorabilmente. E sia tute blu che impiegaticominciano a perdere progressivamente potere d’acquisto: i loro salari reali scendono lentamente, mentre deputati e senatori iniziano a stappare bottiglie di champagne. Per festeggiare una busta paga che in un trentennio raddoppia il suo valore: dai 7 mila euro degli anni ’80 (rivalutati al 2014) oggi siamo arrivati a quasi 14 mila. Gli impiegati, invece, si aggirano sui 1.500 euro al mese, mentre i metalmeccanici sono inchiodati da allora fra 1.100 e 1.200 euro.

Bettino Craxi
Bettino Craxi

FRANCOBOLLI E MESSA IN PIEGA
Nel mezzo, ci sono i generosi regali che i parlamentari si fanno nel corso del tempo. Nel 1986, ad esempio, l’indennità viene equiparata completamente a quella dei presidenti di sezione della Corte suprema (era al 91,3%), che regala in un colpo solo 400 mila lire nette in più al mese più dieci mensilità arretrate: cinque mesi di lavoro di un operaio.

Ma le disparità sono anche nella dichiarazione dei redditi. Già, perché un terzo dell’indennità per deputati e senatori, dopo lunghe lotte assimilata al lavoro dipendente, resta esente dalle imposte (solo dal 1995 la tassazione è al 100% come tutti i comuni mortali). Senza contare che grazie a una generosa interpretazione del Testo unico delle imposte sui redditi (governo Craxi), come ha raccontato sull’Espresso Stefano Livadiotti , il prelievo fiscale si aggira attorno al 19 per cento.

Intanto, anno dopo anno, i rimborsi aumentano a dismisura, dai viaggi di studio alle spese telefoniche, dai costi di trasporto a quelli di spostamento. Fino alle spese postali, in seguito soppresse: nel 1988 a ogni deputato veniva riconosciuto ogni mese il corrispettivo di 500 francobolli (erano 300 fino a un paio di anni prima), circa 350 euro odierni. Che poi si spedissero davvero tutte quelle missive, poco importa.

La buvette del Senato in una foto del...
La buvette del Senato in una foto del 2002

Non fossero bastati i benefit, a fine anni ’80 per le deputate finì in busta paga perfino l’indennizzo per il coiffeur. Già, perché non essendoci a Montecitorio il parrucchiere (al contrario dei colleghi maschi, che possono contare sul barbiere), alle parlamentari viene assegnato un rimborso forfettario sostitutivo. Come dire: scusate il disservizio, la messa in piega la offriamo noi.

PORTABORSE CON TRUCCO
Questo aumento degli stipendi, fra l’altro, ha prodotto effetti a cascata anche sugli enti locali. Perché se gli eletti nelle Camere si sono agganciati ai magistrati di Cassazione, i consiglieri regionali hanno fatto altrettanto con i parlamentari. E ogni ritocco all’insù sancito dall’Istat è costato miliardi e miliardi di lire a tutta la collettività.

L’ultimo colpo grosso – prima della sterilizzazione degli stipendi avviata nel 2006 e dei vari piccoli tagli apportati negli ultimi anni – risale al 1997: quasi 7 milioni al mese in più sotto forma di “spese di segreteria e rappresentanza” al posto dei precedenti contributi per i portaborse, che venivano erogati al gruppo parlamentare di appartenenza. In questo modo, non solo i soldi sono finiti direttamente sulla busta paga dell’onorevole, ma non è stato nemmeno più necessario rendicontarli (dal 2012 basta documentare il 50%).

Risultato: come ha raccontato l’Espresso, in maniera assolutamente lecita molti parlamentari si sono tenuti i soldi e vari collaboratori hanno continuato a lavorare a nero . Che avesse ragione Calamandrei?

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