Il califfato gentile di Zaia: Sicilia strapiena, Veneto alza il muro

07 giugno 2015 – 11:40di REDAZIONE LIVE SICILIA

È nato il Califfato di Luca Zaia in Italia? Niente a che vedere con la barbaria dell’Isis, ma c’è qualcosa che fa paura. Mentre la Sicilia è strapiena di immigrati e non protesta, anzi si sbraccia, Luca Zaia alza la paletta, come fanno i vigili urbani. Il Veneto non ne può più di profughi, non ne vuol nella regione. Basta. Se potesse alzerebbe una muraglia per costruire la sua enclave. Com’è avvenuto in Paesi, come Israele, dilaniati dalle guerre, dal terrorismo, da antichi odii.

L’Italia trattata come un Paese percorso dalla guerra civile, è questa l’idea che è stata instillata giorno dopo giorno ormai da anni. Ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: prevalgono le paure, l’intolleranza. Per guadagnare consenso, bisogna proclamare il filo spinato, la cortina di ferro, la nascita del califfato.

In un solo giorno sono stati salvati quasi novemila profughi: nove barconi ed otto gommoni. Una giornata tremenda nel mare di Sicilia. L’unica nave militare britannica, impegnata allo spasimo al largo della Libia, ha fatto sapere al mondo che servono altre navi, che bisogna intervenire per tagliare il cordone ombelicale che lega la sorte degli immigrati a quella dei mercanti di esseri umani.

Si calcola che potrebbero essere duecentomila gli “scappati” entro la fine dell’anno. La Gran Bretagna, che li raccoglie in mare, non li vuole a casa propria. Come il Veneto di Luca Zaia.

A regalare le buone ragioni a Cameron è proprio l’Italia di Zaia. E non solo: i delinquenti che hanno lucrato sui profughi oltre che far fare una pessima figura all’Italia, indebolendo la sua richiesta di distribuzione equa degli immigrati, mettono in circolo il sospetto che l’accoglienza serva a fare buoni affari. Ed è un sospetto che potrebbe colpire la Sicilia, se non fosse per il fatto che la testa dell’acqua sta a Roma e che i maneggi sul Cara di Mineo, che pure hanno collegamenti locali, avevano una regia romana.

Coloro che si dannano l’anima per dare una mano ai poveri disgraziati finiscono nel calderone dei sospetti, e i profughi rischiano di diventare complici dei manutengoli. Non derubano solo l’erario, mai la dignità a migliaia di persone che, al contrario di Zaia, accolgono chi ha bisogno.

Il califfato da una parte, le ruberie dall’altra. La civiltà dell’accoglienza sotto assedio.

Responsabilità immense, anche dell’Europa, le Nazioni Unite, le grandi potenze occidentali e regionali mediorentali. L’Isis spadroneggia, nonostante la coalizione internazionale. E regala spazi di libertà ai mercanti di esseri umani, in cambio di soldi. Una ragione c’è, se non si è ancora colpito il regno jihadista, permettendo la sua nascita e la sua espansione in Iraq, Siria e Libia.

Dopo l’ultima tragedia del mare, circa quattrocento morti, sembrava che stesse prevalendo, in Europa e al Palazzo di vetro, la volontà di intervenire per combattere terrorismo e banditi. Commozione, lacrime, parole d’indignazione, piani bellicosi, poi niente. È tornato il silenzio, l’opacità. Iran, Egitto, Turchia, Arabia Saudita, Qatar si contendono la leadership regionale, guardati a vista da Israele, perennemente in armi contro il mondo che ha scelto di abitare. La guerra fredda fra potenze rivali, l’impotenza delle Nazioni Unite, paralizzata dai veti incrociati, e l’evanescente Europa regalano all’Isis l’impunità. Poche ore fa, sono stati sequestrati 38 eritrei cristiani, che non conoscevano i versetti del Corano, ed è assai probabile che facciano una brutta fine.

Non è solo l’esodo biblico a far paura, ma anche la barbarie che abbiamo a poche miglia da casa nostra. Rispetto a questa tragedia immane ed all’enormità del problema, ci sono facce di bronzo che pretendono di affrontare la questione attraverso le dogane regionali, come Zaia.

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