Michele Ainis. COSTITUZIONALISTA


Michele Ainis è uno dei Costituzionalisti più noti e apprezzati. Scrive per La Repubblica, è abituato a prendere posizioni nette. Partiamo dallo stato di emergenza.

«Chiariamo subito. Si può dichiarare lo Stato di emergenza. C’ è il codice della protezione civile che lo prevede, e la Corte lo ha giudicato legittimo».

Conte sostiene proprio questo.

«Vedo che il presidente del Consiglio si difende dalle critiche con un dato in apparenza incontestabile: dal 2106 – dice – è stato dichiarato 84 volte e rinnovato 154 volte».

Sembrerebbe così. Perché allora lei dice «in apparenza»?

«È la prima volta che lo stato di emergenza riguarda tutta l’ Italia. Non è circoscritto geograficamente. Questa è già una anomalia enorme».

E poi?

«Partendo da questo stato di emergenza si possono emanare delle ordinanze in deroga a qualsiasi legge dello Stato. E questo è abnorme».

Esempio.

«Se con un Dpcm dico: da domani tutti in giro con l’ ombrello, domani tutti sono obbligati a girare con l’ ombrello».

Da questo cosa consegue?

«Che la decisione sull’ emergenza non può essere raccontata come una decisione marginale, o amministrativa: per me è la scelta più politica che si possa adottare».

Conte dice: «Il problema non va enfatizzato».

«Non puoi dare in messaggio così contraddittorio; non c’ è problema, le misure sono più blande, però c’ è sempre lo stato di emergenza».

Questo si ripercuote sul modo di governare?

«Ovvio. Conte non ha escluso di ricorrere ancora ai decreti del consiglio dei ministri».

E lei lo considera disdicevole?

«Sí, e provo a spiegarle perché. Premessa. Noi in questi anni abbiamo fatto strage delle parole. L’ emergenza è diventata una parola abusatissima. E l’ abuso dell’ emergenza la conseguenza successiva. Ci siamo talmente abituati al decreto legge, al punto da dimenticarci che è anch’ esso uno strumento di emergenza. E siccome non bastava siamo passati al governare con il Dpcm»

E lei come giudica questa scelta di Conte?

«Un abuso, intanto perché il confine del Dpcm è quello di un atto amministrativo, non di un atto normativo. La legge vale per tutti. Mentre un intervento amministrativo è un atto individuale e concreto».

Serve un esempio.

«Un sindaco, ad esempio, può espropriare un terreno per una emergenza ambientale. Però non può normare sull’ esproprio».

Esatto. Una legge è l’ unico strumento che può normale un atto generale.

«Durante l’ emergenza Covid questo paletto è saltato. Si incideva sulle libertà individuali dalla circolazione al culto senza un voto del parlamento. É stata una grave violazione delle libertà costituzionali».

E come è potuto accadere?

«Con quello che io chiamo un trucco-Matrioska. Prima il governo ha scritto un delega in bianco e l’ ha inserita dentro un decreto, il 6/2020. Poi in virtù di quella delega ha iniziato a governare con ordinanze che abbiamo appena visto – intervenendo su alcuni diritti fondamentali dei cittadini».

E non si poteva, secondo lei.

«Le libertà sono garantite con forza di legge. Derogarle con il Dpcm è stata una violazione costituzionale».

Perché non si può fare con uno strumento amministrativo?

«Esatto. Il decreto è votato dal Parlamento e vagliato dal Capo dello Stato. Quello strumento è provo di ogni controllo. Essendo uno strumento amministrativo, su qualsiasi provvedimento – metta una multa a uno che passeggiava – potrebbe pronunciarsi il Tar».

Davvero?

«Beh, se è un atto amministrativo può essere annullato dal Tar!».

Cosa la preoccupa di più?

«L’ incubo di ogni costituzionalista: il precedente. L’ emergenza sanitaria attiva illegittimamente il congegno-matrjoska per cui un decreto in bianco attiva il dpcm, che interviene sulle libertà costituzionali. E cosa accadrebbe se questo stesso meccanismo, in un qualsiasi domani venisse arrivato in nome di altre emergenze?».

Quali?

«Quelle che vuole lei. Magari in nome di una emergenza sociale, evocando l’ ordine pubblico. Magari solo per degli scioperi duri, in questo autunno».

Mi pare un deja vú.

«È il percorso-tipo delle dittature. Ecco perché non ci piacciono le minimizzazioni, e gli abusi. Ecco perché il dito lo punto io, sui negazionisti pericolosi: quelli che negano lo Stato di diritto».

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