Perché in Lombardia mancano le mascherine protettive? Fontana e Gallera non raccontano tutta la storia

Andrea Sparaciari 16/3/2020 4:00:34 AM 68190

Giulio Gallera, assessore regionale alla sanità e Attilio Fontana, presidente regione Lombardia. Imagoeconomica

Perché in Lombardia mancano le mascherine protettive? Perché 12 contagiati su 100 in regione appartengono al personale sanitario? Di chi è la responsabilità? Domande che da giorni rimbalzano nella Lombardia che lotta contro il Corona Virus. Una polemica tra Pirellone e Protezione Civile rimasta a lungo sotto traccia ed esplosa definitivamente dopo le parole pronunciate venerdì 13 marzo dall’assessore regionale al Welfare Gallera che ha attaccato frontalmente la Protezione Civile per un’inadatta fornitura di presidi medici: «A noi servono mascherine del tipo fpp2 o fpp3 o quelle chirurgiche e invece ci hanno mandato un fazzoletto, un foglio di carta igienica, di Scottex».

Tuttavia la storia è molto più complicata. Per comprenderla bisogna partire da un punto dirimente: Regione Lombardia non ha mai avuto un “Piano Emergenze” che stabilisse in modo chiaro a chi spettasse l’acquisto di presidi medici come mascherine, guanti e occhiali protettivi. Quindi, ogni singola amministrazione ha sempre agito per conto suo.

Non l’aveva prima, non l’ha neanche adesso. Una scoperta fatta dai consiglieri regionali del Pd, che però non è mai stata confermata ufficialmente dalla giunta Fontana, anche perché l’attività del Consiglio regionale è paralizzata e la possibilità ispettiva delle opposizioni sull’operato della giunta è praticamente nulla.

Tanto che il 10 marzo scorso, in una lettera a Fontana, i consiglieri Pd chiedevano formalmente se: “È stato predisposto e aggiornato periodicamente, negli anni, il Piano Emergenze dal quale tutto il personale sanitario potesse trarre le indicazioni operative omogenee per affrontare un’epidemia di queste dimensioni? Possiamo avere copia degli aggiornamenti dei piani via via predisposti?”. Una richiesta caduta nel vuoto.

Comunque, una prova della disomogeneità operativa è che domenica 15 marzo il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha potuto annunciare sulla sua pagina Facebook che: «Da sempre Milano mantiene ottimi rapporti con le principali città cinesi: nei giorni scorsi ho fatto un po’ di telefonate alla ricerca di mascherine, e la risposta non si è fatta attendere. Ieri sera è arrivato un primo carico: le distribuiremo ai medici di base, agli ospedali e al personale del Comune al lavoro per assicurare i servizi. Nei prossimi giorni ne attendiamo alcune centinaia di migliaia: le metteremo a disposizione dei cittadini, cominciando dalle fasce più deboli». Se fosse stato operativo un protocollo unico regionale, Milano non avrebbe potuto fare da sola.

Secondo dato certo è che Regione Lombardia, a metà febbraio – quindi a emergenza già in atto – ha bloccato tutti i singoli ordini di presidi medici inviati in precedenza dalle sue propaggini amministrative (Asst, ospedali, ecc…), centralizzando gli acquisti nell’Azienda Regionale per l’Innovazione e gli Acquisti (Aria Spa). Una procedura che ha avuto come conseguenza un ritardo oggettivo negli approvvigionamenti, anche perché si è subito dimostrato più difficoltoso il reperimento di grandi stock di materiale, rispetto a di ordini di minor grandezza. Inoltre, con l’avanzare del contagio a livello globale, si è fatto sempre più difficile trovare fornitori con magazzini pieni. E infine i prezzi sono schizzati alle stelle.

In seguito – e questo lo ha scoperto l’inchiesta di Fabrizio Gatti su “L’Espresso” – è accaduto che il Pirellone ha firmato un ordine per 4 milioni di mascherine che – aveva assicurato il governatore lombardo Attilio Fontana – sarebbero dovute arrivare entro il 27 febbraio. Ma quelle mascherine non sono mai giunte, tanto che il 2 marzo il maxi ordine viene annullato dalla Regione. Secondo la versione ufficiale perché il “fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti”. Secondo il giornalista perché le aziende scelte dal Pirellone non producevano più quel tipo di presidi medici. Quindi un ordine sbagliato.

“L’ordine di quattro milioni di mascherine è stato annullato (…) dalla centrale di committenza regionale, in quanto il fornitore non è stato in grado di adempiere agli obblighi assunti. Sono stati perfezionati ulteriori ordini con una serie di altri fornitori per i quantitativi di mascherine necessari. L’acquisizione dei dispositivi sta avvenendo presso diversi operatori economici e, alla data di lunedì, abbiamo già ricevuto e distribuito 57.440 mascherine tipo ffp2; 22.620 tipo ffp3 e 496.600 chirurgiche”, aveva risposto ufficialmente il Pirellone a L’Espresso.

Così Regione Lombardia si è ritrovata a cercare affannosamente i presidi sul mercato mondiale. Che ne frattempo era andato in tilt. Con l’esplosione globale del virus, infatti, non solo trovare i fornitori si è rivelato difficile, ma anche riuscire a far arrivare i carichi è divenuta un’impresa, visto che la fame di mascherine ha spinto numerosi paesi di transito delle navi a requisire i carichi. E il Pirellone non è sfuggito alla regola: si vede infatti bloccare un cargo in Turchia a fine febbraio e un altro, proveniente dall’Olanda, viene bloccato e requisito in Germania. E poi ci sono le truffe, come svela il consigliere regionale M5s, Dario Violi: «La Regione ha fatto un ordine da 7 milioni di euro a un’azienda che poi si è rivelata inesistente. Sembra che fortunatamente sia poi riuscita a recuperare i soldi».

È in questo marasma che è partita la richiesta di aiuto di Fontana alla Protezione Civile per una fornitura extra di mascherine e guanti. Quella stessa fornitura poi attaccata platealmente dall’assessore Gallera. A quanto risulta a Business Insider Italia la Protezione Civile ha consegnato alla Lombardia:

398.140 mascherine modello Ffp2 ed Ffp3
97.200 mascherine chirurgiche;
707.000 mascherine Montrasio;
10.800 occhiali protettivi;
930 mila guanti monouso
3.013 indumenti protettivi;
113 ventilatori polmonari intensivi;
103 ventilatori polmonari sub-intensivi 103

«La verità è che la Protezione Civile ha consegnato alla sola Regione Lombardia in pochissimo tempo oltre mezzo milione di mascherine di diversa tipologia: ffp2, chirurgiche e simil-chirurgiche», attacca Violi, «Le mascherine contestate dagli assessori regionali lombardi sono solo una parte della fornitura e sono state acquistate con la garanzia che siano idonee all’uso per le quali sono state progettate. Ricordiamo inoltre allo smemorato assessore che sono state acquistate in tempi super celeri perché chi era stato incaricato all’approvvigionamento di questi dispositivi, ovvero la Regione, HA SBAGLIATO L’ORDINE‼️ Questo i signori della Lega non verranno mai a dirvelo che era loro compito procedere all’acquisto di mascherine e che si sono affidati ad una ditta estera la quale ha tirato il bidone lasciandoli e lasciandoci sprovvisti. È quindi intervenuta la Protezione Civile per coprire la falla aperta da quelli “capaci” di Regione Lombardia con ordinativi urgenti e rapidi».

«Tutto quello che abbiamo, trasferiamo alle Regioni per cercare di ovviare alle carenze. Al momento non abbiamo altre mascherine, ma la Lombardia ne ha avute un numero superiore a quello delle altre proprio perché è in una situazione drammatica», ha dichiarato domenica al “Corriere della Sera” Luigi D’Angelo, responsabile emergenze della Protezione civile, al Corriere della Sera.

«Finora alle Regioni abbiamo dato 5 milioni di mascherine. Il fabbisogno mensile è di 90 milioni e noi abbiamo contratti per 56 milioni nelle prossime quattro settimane. All’inizio dell’emergenza c’era una disponibilità maggiore. Adesso che il virus si è diffuso in tutto il mondo i Paesi di transito fermano le forniture e le requisiscono. Ecco perché ogni Stato deve produrle e soprattutto riuscire ad aumentare questa produzione».

Ma il fronte dello scontro Pirellone-Protezione Civile riguarda anche lo stop al previsto ospedale d’emergenza che Regione Lombardia aveva annunciato nel padiglione della Fiera di Milano. Gallera aveva infatti annunciato un accordo con la Protezione Civile per creare una maxi struttura con 500 letti di terapia intensiva, dove avrebbero operato «circa 500 medici e dai 1.200 ai 1.500 infermieri». Un’idea poi decaduta polemicamente. Sempre a causa della Protezione Civile, ha sostenuto Fontana, rea di non esser stata in grado di mantenere le promesse fatte e di non aver recapitato le forniture promesse.

Anche a questo ha risposto D’Angelo: «Le tempistiche per avere le attrezzature sono lunghe, almeno 15 giorni. Per allestire un ospedale ci vuole un mese. Ma il vero problema è il personale: ci volevano almeno 400 medici e 800 infermieri e non abbiamo la possibilità di destinare tutte queste forze per una nuova struttura. Per questo abbiamo preferito aumentare i posti letto in altri ospedali in modo da poter procedere in pochissimi giorni», ha spiegato.

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