Su Rousseau il populismo sfida la democrazia

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19/02/2019 18:38 CET | Aggiornato 23 ore fa
Gian Carlo Caselli -Magistrato
In tutti i regimi democratici si può trovare “una striscia di populismo”. Ma quando questa striscia aumenta a dismisura, il populismo finisce per costituire una sfida alla democrazia. Poiché “vuole cancellare tutti i corpi intermedi e intende conferire una discutibile supremazia dell’esito elettorale, del potere (elettorale) del popolo su tutte le istituzioni, in particolare sul legislativo e sul giudiziario”. Prendo spunto da questa riflessione di Gianfranco Pasquino (Bobbio e Sartori – Capire e cambiare la politica – Bocconi ed.) per inquadrare la situazione italiana di oggi ed i pericoli che essa comporta.

La vicenda dell’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro Salvini ha preso una curvatura che va nel senso della sfida come sopra definita. Abdicando al diritto/dovere di scegliere – come a replicare Ponzio Pilato che non sapeva che pesci pigliare – e scaricando ogni responsabilità su soggetti estranei al Parlamento, la rappresentanza del movimento 5 stelle ha ferito la funzione legislativa. Tanto più che sono in gioco questioni assai complesse e delicate sul piano costituzionale, giuridico e politico, tali da richiedere una capacità non comune di analisi, approfondimento e comprensione: di sicuro non riducibili ad un Si o No immotivati, in risposta ad un frettoloso quiz per di più congegnato in modo da richiedere un SI a chi fosse per il No all’autorizzazione e viceversa. Tanto più (ancora) che i soggetti votanti sono una minoranza davvero infima rispetto ai milioni di voti dei 5stelle: 52.417 eletti (nel senso di élite del gruppo) che si sono espressi sulla “piattaforma Rousseau”, una specie di mito di cui si favoleggia in ogni modo, persino offrendolo in uso ai peggiori “gillets jaunes” francesi. Tanto più (infine) che i 52.417 partecipanti si sono divisi i due blocchi contrapposti: 59,05% contrari e 40,95 % favorevoli all’autorizzazione. Non proprio quel plebiscito che non avrebbe certo cancellato la sostanza delle cose, ma almeno un po’ attenuato l’anomalia dell’operazione. A proposito: posto che oltre il 40% ha votato SI, minacciare sanzioni contro i parlamentari dissidenti rispetto alla linea del NO appare piuttosto incoerente. Perché almeno il 40% dei dissidenti dovrebbe al minimo essere “graziato”, in forza della corrispondente quota di dissenso risultante dalla piattaforma. Salvo che si vogliano distinguere in figli e figliastri gli adepti di Rousseau….

Oltre alla ferita al legislativo vi è poi quella non meno grave al giudiziario. La nostra Costituzione è fondata su un sistema di pesi e contrappesi che ha lo scopo di realizzare un potere politico “controllato”, cioè non sottratto al controllo di legalità che spetta alla magistratura nei confronti di tutti, nessuno escluso. Per la nave Diciotti si parla ad esempio di “tutela di un interesse dello stato costituzionalmente rilevante” e di “perseguimento di un preminente interesse pubblico”. Ma fuori dei casi di assoluta, totale ed universale evidenza, sarebbe strano se fosse la maggioranza politica contingente e non un’autorità “terza” e indipendente (la magistratura) a verificare quanto in concreto accaduto e la conseguente effettiva rispondenza della fattispecie alla corretta interpretazione dell’interesse tutelato o perseguibile. Ciò perché – senza prendere posizione nel merito – vi sono anche voci che denunziano la tendenza ad un uso, come dire, “tribale” della difesa dei confini della patria. Quando invece si tratta di problemi riguardanti anche la sfera della dignità e dei diritti di tutti: quindi sottratta al potere della maggioranza politica contingente e presidiata appunto da custodi estranei al processo elettorale, ma non alla democrazia. Sia come sia, va comunque evitato ogni indiretto recupero del mito giacobino (causa di mostri e tragedie) secondo cui “il corpo sovrano non ha alcun bisogno di dare garanzie ai sudditi”.

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