La manovra disastro

Maurizio Giobbi

Arrivata la legge di Bilancio, ci sono conferme e cambiamenti in corsa, fermo restando che il percorso parlamentare sarà per definizione problematico. Resta l’impianto di base, che è quello di una manovra elettorale di fattura pessima o più propriamente di una truffa ai danni di una popolazione ad alta densità di analfabeti funzionali al teflon rispetto alle proprie dissonanze cognitive, ma soprattutto di un’anima del paese che resta anarcoide sino al punto di segare il ramo su cui è seduta.

Tra le misure, quella più eclatante per spudoratezza ed uso della Neolingua, è il condono fiscale, fortemente voluto dalla Lega. Viene prevista l’opzione di dichiarazione integrativa ma con la possibilità di far emergere fino ad un massimo del 30% in più rispetto alle somme già dichiarate e comunque con un tetto di 100.000 euro per periodo d’imposta. Questo, assai banalmente, è un condono finalizzato all’emersione del nero. Punto. E non solo: il nero emerso sarà tassato, senza sanzioni, non ad aliquota marginale dell’evasore bensì con una cedolare secca del 20%. In pratica, la flat tax è stata realizzata, ma beneficerà gli evasori. Immagino che i leggendari imprenditori (veneti e non) siano più sereni, ora che hanno messo all’incasso la loro cambiale. Resta da vedere in quanti aderiranno, o se piuttosto resteranno in attesa del prossimo condono.

Il tutto con buona pace dei poveri pentastellati, che sino all’ultimo (ed oltre) hanno ragliato contro i condoni, e persino ieri sera Luigi Di Maio negava l’evidenza, affermando che si stava utilizzando uno strumento esistente, la dichiarazione integrativa. Il tutto (ribadiamolo) dopo i proclami di un intervento fiscale per “chi ha presentato la dichiarazione dei redditi ma non è in grado di pagare”. Ora, casualmente, sbuca il nero; come il pozzo di malafede che ha vomitato questa classe politica. Se riuscite a capire il significato delle parole, incazzatevi. E molto.

Per ridurre il contenzioso, si potranno poi sanare le liti con il fisco pagando senza sanzioni o interessi il 20% del non dichiarato in 5 anni in caso di vittoria del contribuente in secondo grado (o il 50% in caso di vittoria in primo grado). Allo stesso tempo, con la rottamazione ter delle cartelle Equitalia saranno cancellati sanzioni e interessi, dilazionando i pagamenti in 20 rate in 5 anni e arriverà lo stralcio delle minicartelle sotto mille euro accumulate dal 2000 al 2010. C’è qualcosa anche per i piccoli evasori, dopo tutto.

I grillini, dopo aver ingoiato questa porcheria, ottengono il loro premio elettorale: il reddito di cittadinanza, ossia un’erogazione che favorirà la netta riduzione dell’offerta di lavoro e stimolerà in modo potente il nero. Verranno spesi 9 miliardi, recuperandone 2,6 dal Rei, il reddito d’inclusione, più un miliardo per rafforzare i centri per l’impiego, e dare loro il fondale di cartapesta (logo incluso) per tenere in piedi la finzione in modo decoroso. La contropartita alla rendita di cittadinanza sarà la frequenza di fantomatici “corsi di formazione” (sui quali magari i sindacati e qualche coop potranno mettere le loro manine) e di prestare 8 ore a settimana di lavoro socialmente utile. L’erogazione decade dopo il rifiuto di tre offerte di lavoro, ma con una specifica “geografica”, che permetterà di non penalizzare chi rifiuterà la prima offerta fuori dalla propria città o regione. Ovvio che, nell’iter parlamentare, questa misura scomparirà o verrà ulteriormente diluita. Perché, ehi, non è che possiamo desertificare il territorio promuovendo migrazioni interne, no? E comunque, mi sento di dare ragione a Di Maio: col reddito di cittadinanza scompare il voto di scambio. Nel senso che lo hanno attuato i grillini, in modo definitivo.

Sulle cosiddette “pensioni d’oro”, che dovrebbero dare un gettito di copertura di un miliardo in un triennio pare che, su pressioni del Quirinale, il famigerato ddl Molinari-D’Uva, che non è un ricalcolo contributivo sia stato accantonato (o verrà fortemente ridimensionato) ad evitare di essere abbattuto in scioltezza dalla Consulta, e quindi si ripiegherà più banalmente sul blocco per alcuni anni dell’indicizzazione delle pensioni più elevate. Attendiamo fiduciosi che qualche piccolo magliaro venga a dirvi che si tratta di misura equitativa mai attuata prima, affermazione che puntualmente troverà molti idioti (nel senso clinico del termine) ad annuire vigorosamente col capo.

Sulle pensioni, la quota 100 presenta costi certi di 7 miliardi a cui si sommeranno, nel pubblico impiego, le dilazioni sul pagamento degli 8 miliardi attesi di trattamento di fine servizio. La staffetta generazionale non avverrà se non in minima parte, e si apriranno nuove voragini contributive a cui dovrà mettere mano una nuova legge Fornero, tra qualche anno. Il futuro dei giovani viene mandato a puttane per l’ennesima volta, col silenzio connivente di sindacati e sindacalisti (salvo qualche meritoria mosca bianca), da tempo immemore attivi artefici della decomposizione del paese.

Tra le altre coperture, pare ci sarà qualcosa a carico di “banche ed assicurazioni”, per titillare la plebe. Attendiamo dettagli ma se si dovesse trattare di minore deducibilità fiscale degli interessi passivi, cioè di aumento del costo della raccolta, che verrà serenamente traslato sui debitori, il tutto nel bel mezzo di un credit crunch autoinflitto a mezzo spread.

Ti potrebbe interessare anche...