Caso Diciotti, ecco l’atto d’accusa del tribunale: “Il ministro Salvini ha agito fuori dalla legge”


Per i giudici sono state violate norme internazionali e nazionali. “Le scelte politiche non possono ridurre gli obblighi degli Stati di garantire il soccorso e gli sbarchi dei migranti”
di SALVO PALAZZOLO
24 gennaio 2019
I giudici di Catania non usano mezzi termini sul caso Diciotti: “E’ convincimento di questo tribunale che la condotta in esame abbia determinato plurime violazioni di norme internazionali e nazionali, connotandosi per ciò solo di quella indubbia illegittimità integrante il reato ipotizzato”. Sequestro di persona aggravato, previsto dall’articolo 605 del codice penale (“comma I, II n.2 e III”). “Va sgomberato il campo da un possibile equivoco – scrive il collegio del tribunale dei ministri presieduto da Nicola La Mantia, giudici a latere Sandra Levanti e Paolo Corda – va ribadito come questo tribunale intenda censurare non già un ‘atto politico’ dell’Esecutivo, bensì lo strumentale ed illegittimo utilizzo di una potestà amministrativa”. E’ in cinquanta pagine l’atto d’accusa nei confronti del titolare del Viminale. La procura di Catania ha chiesto l’autorizzazione a procedere alla giunta del Senato, che adesso dovrà decidere.

“Il ministro ha agito fuori delle finalità proprie dell’esercizio del potere conferitogli dalle legge – dice il tribunale di Catania – in quanto le scelte politiche o i mutevoli indirizzi impartiti a livello ministeriale non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti in un luogo sicuro (Safe of safety) obblighi derivanti da Convenzioni internazionali che costituiscono una precisa limitazione alla potestà legislativa dello Stato in base agli articoli 10, 11 e 117 della Costituzione”.

Il tribunale di Catania ha deliberato il 7 dicembre e depositato il provvedimento il 22 gennaio. Poi, il fascicolo – il numero 12551/18 – è passato alla procura presieduta da Carmelo Zuccaro, che ha avviato la procedura prevista dalla legge, per la richiesta di autorizzazione a procedere, arrivata questa mattina.
Le “motivazioni politiche”
Nel provvedimento, che ripercorre l’indagine avviata dal procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio, il tribunale prende in considerazione le “ragioni politiche che hanno indotto il ministro Salvini a non autorizzare lo sbarco dei migranti presenti sulla nave Diciotti fino al 25 agosto”. Posto che, si legge ancora nel documento arrivato oggi al Senato “l’unica vera ragione che ha indotto il ministro dell’Interno a non autorizzare tempestivamente lo sbarco è da rinvenire nella sua ‘decisione politica’ di attendere l’esito della riunione che si sarebbe tenuta in data 24 agosto a livello europeo per parlare del caso Diciotti”. E una “censura” arriva anche per le dichiarazioni fatte ai magistrati dal capo di gabinetto di Salvini, Matteo Piantedosi.

I giudici si sono chiesti se le “motivazioni politiche” potessero essere una “scriminante nell’esercizio di un diritto o dell’adempimento di un dovere di cui all’articolo 51 del codice penale, che costituisce un elemento negativo del reato”. Un dovere per far fronte a un “interesse generale”. La conclusione del ragionamento dei magistrati è netta: “Nel caso di specie, va osservato come lo sbarco di 177 cittadini stranieri non regolari non potesse costituire un problema cogente di ‘ordine pubblico’ per diverse ragioni, ed in particolare: in concomitanza con il ‘caso Diciotti’, si era assistito ad altri numerosi sbarchi dove i migranti soccorsi non avevano ricevuto lo stesso trattamento; nessuno dei soggetti ascoltati da questo troibunale ha riferito (come avvenuto invece per altri sbarchi) di informazioni sulla possibile presenza, tra i soggetti socccorsi, di ‘persone pericolose’ per la sicurezza e l’ordine pubblico nazionale”.

“Dunque – ribadice il tribunale a proposito del Pos, il porto di approdo – la decisione del ministro non è stata adottata per problemi di ordine pubblicio in senso stretto, bensì per la volontà meramente politica – ‘estranea’ alla procedura amministrativa prescritta dalla normativa per il rilascio del Pos (in base alla quale l’indicazione del Pos è un atto dovuto, residuando una limitata discrezionalità sul quomodo collegata a ‘ragioni tecniche’ insussistenti nel caso di specie) – di affrontare il problema della gestione dei flussi migratori invocando, in base a un principio di solidarietà, la ripartizione dei migranti a livello europeo tra tutti gli Stati membri”. Ma le scelte politiche “non possono ridurre la portata degli obblighi degli Stati di garantire nel modo più sollecito il soccorso e lo sbarco dei migranti (…)”.
Le violazioni
Il provvedimento inviato al Senato ricorda che anche la “stessa Corte Costituzionale, in diverse circostanze, ha avuto modo di evidenziare che la discrezionalità nella gestione dei flussi migratori incontra chiari limiti, sotto il profilo della conformità alla Costituzione e del bilanciamento di interessi di rilievo costituzionale, nella ragionevolezza, nelle norme di trattati internazionali che vincolano gli Stati contraenti e, soprattutto, nel diritto inviolabile della libertà personale (articolo 13 della Costituzione), trattandosi di un bene che non può subire attenuazioni rispetto agli stranieri in vista della tutela di altri beni costituzionalmente tutelati”.

“L’inviolabilità del diritto alla libertà personale è riconosciuta anche dall’articolo 5 della Convenzione per la Salvaguardia dei diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali”. Per queste motivazionali “non è ravvisabile la scriminante ipotizzata – conclude il tribunale – in quando la decisione del ministro ha costituito esplicita violazione delle Convenzioni internazionali in ordine alle modalità di accoglienza dei migranti soccorsi in mare, e al contempo, non sussistevano profili di ordine pubblico di interesse preminente e tali che giustificassero la protratta permanenza dei migranti a bordo della Diciotti”.

Ti potrebbe interessare anche...