Decreto credito, il Csm: “Va cambiato subito”. Di Matteo e Area danno ragione a Greco e Melillo


Dopo la lettera dei due procuratori a Repubblica, l’ex pm di Palermo, Ardita e i consiglieri di sinistra sollecitano misure severe sulla tracciabilità del denaro
di LIANA MILELLA
14 aprile 2020
Decreto credito, il Csm: “Va cambiato subito”. Di Matteo e Area danno ragione a Greco e Melillo
ROMA – Sì, hanno ragione i procuratori di Milano Francesco Greco e di Napoli Gianni Melillo, quando, nella lettera pubblicata sabato 11 aprile da Repubblica, sollecitano il governo a integrare il decreto Credito Italia con misure che impediscano di buttare il denaro nelle mani della mafia, degli speculatori, dei corrotti. Dopo la reazione del Guardasigilli Afonso Bonafede, che ha subito messo al lavoro i suoi uffici per trovare gli emendamenti giusti, ecco un’uscita importante di sette consiglieri del Csm che investono la sesta commissione.
A pensarla allo stesso modo sono l’ex pm di Palermo e protagonista del processo Trattativa Stato-mafia Nino Di Matteo e il giudice barese Giovanni “Ciccio” Zaccaro, che nella pausa di Pasqua si sono sentiti più volte e oggi hanno ufficializzato la loro richiesta di aprire una pratica nella commissione che dà i pareri sulle leggi. La loro idea, e soprattutto le loro proposte, sono state sottoscritte dall’ex procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita (del gruppo di Autonomia e indipendenza) e da tutto il gruppo della sinistra di Area, Giuseppe Cascini, Alessandra Dal Moro, Elisabetta Chinaglia e Mario Suriano.

Ma ecco le quattro proposte: “Appaiono opportune misure che impongano di vagliare – anche tramite la forma della autocertificazione – i precedenti penali di chi occupa ruoli rilevanti nelle imprese che si candidano a percepire i finanziamenti, così da escludere chi sia stato condannato per reati di criminalità organizzata, reati contro la pubblica amministrazione e reati tributari nonché proposto per la irrogazione di una misura di prevenzione personale o patrimoniale”. È necessario che “l’entità del beneficio percepito sia rapportato al fatturato dichiarato nell’anno precedente, in modo da non premiare forme di evasione fiscale”. Va garantito che si possano “tracciare – anche tramite l’accredito in conti correnti “dedicati”- i benefici percepiti affinchè si possa avere contezza del loro uso compatibile con l’intento del legislatore”. Infine vanno potenziate “le amministrazioni periferiche dello Stato e le Agenzie di controllo affinchè possano monitorare la destinazione dei finanziamenti”.

Secondo i sette consiglieri del Csm “misure siffatte potrebbero servire a prevenire fenomeni, purtroppo noti nella storia giudiziaria del paese, di malversazione dei fondi pubblici o di illecita concorrenza delle imprese illegali, rispetto ai quali l’intervento dell’autorità giudiziaria è per forza di cose successivo e meno efficace”.

L’intervento previsto dal decreto Credito Italia viene giudicato “opportuno”, ma a patto che si vigili “sul rischio di favorire anche le imprese criminali”, perché al momento il decreto stesso “non contiene alcun meccanismo per escludere dai benefici le imprese riferibili a persone coinvolte in processi di criminalità organizzata o che abbiano riportato condanne o siano indagati per reati contro la pubblica amministrazione o reati tributari, né consente di verificare l’effettivo utilizzo dei fondi percepiti per affrontare la crisi legata alla diffusione del Covid-19”. Secondo i consiglieri del Csm invece le misure proposte “potrebbero servire a prevenire fenomeni, purtroppo noti nella storia giudiziaria del paese, di malversazione dei fondi pubblici o di illecita concorrenza delle imprese illegali, rispetto ai quali l’intervento dell’autorità giudiziaria è per forza di cose successivo e meno efficace”.

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