Esplora il significato del termine: Brexit, viaggio in due scuole: i ricchi per il Remain e i poveri per il LeaveBrexit, viaggio in due scuole: i ricchi per il Remain e i poveri per il Leave

Il racconto da due quartieri di Londra, uno ricco e orientato contro la Brexit e l’altro più povero dove i genitori si preoccupano per i troppi immigranti nelle aule dei figli
di Federico Fubini, nostro inviato a Londra
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Pochi momenti plasmano l’orientamento politico come il giorno in cui si iscrive il figlio alle elementari: l’accesso all’istruzione determina molto del modo in cui le persone di mezza età, il grosso dell’elettorato, vedono il futuro. Alla vigilia del referendum sulla secessione della Gran Bretagna dall’Unione europea, il Corriere è stato all’ingresso e all’uscita di due scuole divise da 18 fermate del metrò di Londra e da un abisso sociale: la Portway Primary School di Newham, il terzo quartiere più povero della città, e la Eaton House Belgravia a Kensington and Chelsea, dove il prezzo medio di un appartamento è di 1,2 milioni di sterline (1,5 milioni di euro). Queste 18 fermate sono una distanza che oggi nelle urne peserà molto.
A Newham tutto è minuto. Case basse, finestre non hanno posto per due vasi di fiori. Tutto è piccolo, meno le classi nella Portway Primary School: è la scuola elementare (pubblica) della comunità locale, dove iscriversi è gratis ma la violazione delle regole viene sistematicamente tollerata. La legge britannica prescrive che nessuna classe abbia più di trenta allievi ma in questo quartiere — nel 2013 il sesto più povero del Regno Unito su 354 — rispettare la legge è impossibile. Lo sforzo per accogliere i figli degli immigrati è già troppo.
«Voterò contro, ne ho abbastanza, voglio uscire» sbotta davanti alla scuola Brian Harvey, lo spazzino della Local Authority. Il suo collega slovacco Peter Borz, giovane la metà dei suoi anni, lo guarda e non si lascia sfuggire una parola. Borz sa già come continuerà, Harvey: «Non sono razzista, ma non riusciamo più ad accogliere questi stranieri. Siamo pieni. Le scuole hanno classi di quaranta bambini». Non serve fargli notare che due terzi degli immigrati nel Regno Unito vengono dall’Asia o dall’Africa e l’uscita dalla Ue cambierebbe poco: Harvey ha 67 anni, vede davanti a sé una pensione da 900 sterline al mese che non copre il costo di un bilocale in affitto neanche in questo quartiere, e sa che tra qualche ora gli metteranno in mano una scheda elettorale. È la sua occasione di mandare a dire che tutto va a rotoli. Del resto nell’ultima ispezione Portway è stata bollata come una scuola «inadeguata», non solo perché quasi due terzi degli scolari non parla inglese come lingua madre. I progressi in matematica sono inesistenti. Portare qui un bambino significa rendergli difficile il passaggio alle medie, duro quello alle superiori, quasi impossibile l’università. Ma chi abita a Newham non ha scelta. Le private costano, e per entrare nelle buone scuole pubbliche bisogna abitare nelle loro vicinanze: quartieri dove già solo un monolocale è carissimo. «So già come voterò: andiamocene — dice Sarah, una madre di 32 anni —. Siamo nella Ue dal ’73 e guarda come va male». Un’altra madre, S. A., coperta da un velo nero, nata ad Abu Dhabi ma cittadina britannica, concorda solo in parte: «Gli immigrati dell’Europa dell’Est con me sono razzisti — ammette —. Sputano in terra anche davanti a scuola e diffondono la tubercolosi. Ma uscire non sarebbe un salto nel buio?»
Esplora il significato del termine: Annabel Abbott, 40 anni, ogni pomeriggio alle tre e mezzo si tiene immancabilmente in piedi davanti al numero 5 di Eaton Gate, fra Buckingham Palace, Westminster, la City e Chelsea. Uno a uno saluta con un grande sorriso i genitori che riprendono i figli dalla scuola che lei stessa dirige, la Eaton House Belgravia. La retta costa 4890 sterline per ciascuno dei tre trimestri (oltre 6300 euro), più ottanta per l’iscrizione, 960 per il bus scolastico tutto l’anno e cento per ogni ritardo di pagamento. I freddi dati dicono che da anni questa è una delle scuole più efficaci nel preparare i bambini fra i 4 e gli 8 anni al successo negli esami d’ammissione ai migliori istituti del livello superiore e quindi a un ottimo liceo, a un’università dal nome risonante e a un posto di lavoro altrettanto pregevole.
Il sito della scuola spiega che le richieste d’iscrizione si valutano «prendendo in conto la relazione che la famiglia potrebbe avere con la scuola», quindi precisa: «E’ pratica corrente ricercare referenze sui trascorsi di pagamento della famiglia». Qui l’uscita da scuola è una piccola festa, sembra un ultimo giorno dell’anno ma è solo routine. Quasi tutte le madri e i pochi padri presenti, quasi tutti professionisti della finanza, voteranno per la permanenza nell’Unione, e del rischio che il Remain esca sconfitto dalle urne fra qualche ora non sembra sfiorare nessuno. Ma dopo che tutti se ne sono andati con i figli per mano la Headmistress Abbott osserva asciutta: «Molti di questi genitori sarebbero nervosi se vincesse la Brexit e lo saremmo anche noi, perché avremmo meno allievi».
Per adesso, visto da questo ingresso fra colonne bianche, la minaccia sembra lontana. Un papà di nome Tristan Cook, 50 anni, è stato allievo di questa scuola da bambino, oggi ci porta suo figlio e si dichiara per il Remain – dice – perché i britannici sono diventati «schizzinosi». «Se non ci fossero gli immigrati dall’Europa dell’Est, non si troverebbe nessuno per pulire le strade». Una giovane madre bionda di nome Renée Miller, una fine collana di diamanti sulla t-shirt, ammette di esser incerta. Non accetta l’idea che la Corte europea possa imporre le sue decisioni sui tribunali britannici. Ma constatata: «I mercati finanziari sono saliti nei giorni in cui il Remain era in vantaggio». Potrebbe essere questo l’argomento più convincente.
22 giugno 2016 (modifica il 23 giugno 2016 | 11:43)
© RIPRODUZIONE RISERVATAAnnabel Abbott, 40 anni, ogni pomeriggio alle tre e mezzo si tiene immancabilmente in piedi davanti al numero 5 di Eaton Gate, fra Buckingham Palace, Westminster, la City e Chelsea. Uno a uno saluta con un grande sorriso i genitori che riprendono i figli dalla scuola che lei stessa dirige, la Eaton House Belgravia. La retta costa 4890 sterline per ciascuno dei tre trimestri (oltre 6300 euro), più ottanta per l’iscrizione, 960 per il bus scolastico tutto l’anno e cento per ogni ritardo di pagamento. I freddi dati dicono che da anni questa è una delle scuole più efficaci nel preparare i bambini fra i 4 e gli 8 anni al successo negli esami d’ammissione ai migliori istituti del livello superiore e quindi a un ottimo liceo, a un’università dal nome risonante e a un posto di lavoro altrettanto pregevole.
Il sito della scuola spiega che le richieste d’iscrizione si valutano «prendendo in conto la relazione che la famiglia potrebbe avere con la scuola», quindi precisa: «E’ pratica corrente ricercare referenze sui trascorsi di pagamento della famiglia». Qui l’uscita da scuola è una piccola festa, sembra un ultimo giorno dell’anno ma è solo routine. Quasi tutte le madri e i pochi padri presenti, quasi tutti professionisti della finanza, voteranno per la permanenza nell’Unione, e del rischio che il Remain esca sconfitto dalle urne fra qualche ora non sembra sfiorare nessuno. Ma dopo che tutti se ne sono andati con i figli per mano la Headmistress Abbott osserva asciutta: «Molti di questi genitori sarebbero nervosi se vincesse la Brexit e lo saremmo anche noi, perché avremmo meno allievi».
Per adesso, visto da questo ingresso fra colonne bianche, la minaccia sembra lontana. Un papà di nome Tristan Cook, 50 anni, è stato allievo di questa scuola da bambino, oggi ci porta suo figlio e si dichiara per il Remain – dice – perché i britannici sono diventati «schizzinosi». «Se non ci fossero gli immigrati dall’Europa dell’Est, non si troverebbe nessuno per pulire le strade». Una giovane madre bionda di nome Renée Miller, una fine collana di diamanti sulla t-shirt, ammette di esser incerta. Non accetta l’idea che la Corte europea possa imporre le sue decisioni sui tribunali britannici. Ma constatata: «I mercati finanziari sono saliti nei giorni in cui il Remain era in vantaggio». Potrebbe essere questo l’argomento più convincente.
22 giugno 2016 (modifica il 23 giugno 2016 | 11:43)
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