La pace nel mondo

di Lorenzo Giarrelli
Toccherà rivalutare miss e soubrette, quelle che per stereotipo dicono solo di volere “la pace nel mondo”. Forse non erano in torto, dato che chi si azzarda anche solo a fare un passo oltre i principi da gessetti colorati – beninteso: senza per questo negarli – viene crocifisso.
Il pensiero – quando c’è, e quindi quando è diverso – è criminalizzato, condannato, a maggior ragione riguardo a un tema come la guerra su cui è fondamentale ben pensare. Guai a formulare un’analisi sull’invasione russa che inviti a riflettere su come si è arrivati al conflitto, interpretando in maniera critica la gestione dei rapporti internazionali degli Stati Uniti e della Nato negli ultimi 30 anni (senza che questo, come capirebbe anche un bambino, significhi giustificare le bombe russe).
Non si può, pena il processo per direttissima per il reato di sovranismo celebrato via social e giornali dai campioni liberali.

Ne sa qualcosa la nostra Barbara Spinelli, che anche solo per storia personale mai nessuno si sarebbe sognato di accostare a simpatie putiniane. Fino a questo fine settimana. Barbara è figlia di Altiero Spinelli e di Ursula Hirschmann, due fondatori dell’unità europea, e in una sua analisi sul Fatto si è limitata a sottolineare come
“il disastro poteva forse essere evitato, se Stati Uniti e Ue non avessero dato costantemente prova di cecità, sordità, e di una immensa incapacità di autocritica e di memoria”. L’articolo elencava una serie di errori degli americani e dei loro alleati in politica estera, situazioni che hanno portato a isolare Putin senza intuire che un giorno il premier russo avrebbe potuto scegliere la via militare per una prova di forza. Nulla che inneggi ai carri armati su Kiev. nulla che simpatizzi con gli attacchi al popolo ucraino.
Eppure da due giorni i maître à penser del progressismo italiano insultano Spinelli e il Fatto, approfittando anche del pretesto che su Twitter l’Ambasciata russa abbia rilanciato l’analisi della Spinelli.
Carlo Calenda, col consueto aplomb, provoca: “Si chiude il cerchio. Il Fatto – la sinistra massimalista – Salvini. Populisti e sovranisti. Sempre dalla parte sbagliata”.
Il renziano Marco Di Maio accusa noi e Barbara di “giustificare la guerra di Putin”, Gianni Riotta – non si sa bene a che titolo – asserisce che “suo padre non sarebbe d’accordo”, pretendendo di dare lezioni di coerenza alla nostra firma.
Dalla Rai, Giancarlo Loquenzi ironizza (“tutto torna, anche il retweet dell’ambasciata russa”), mentre Claudio Cerasa (Foglio) ci sbeffeggia e Emiliano Fittipaldi (Domani) critica le nostre prime pagine e sghignazza: “Ecco cosa ha rilanciato per la sua propaganda l’ambasciata russa”.
Il tutto, va da sé, senza che alcuno abbia risposto sul merito dell’articolo (che prima di tutto richiederebbe lo sforzo di essere letto).
Così come nessuno si sogna di rispondere a Sergio Romano, stimatissimo diplomatico e storica firma del Corriere, che da giorni ripete concetti simili a quelli scritti da Spinelli, sfuggendo al linciaggio forse solo per merito dell’identificazione con un quotidiano che i renziani non hanno il coraggio di definire sovranista.
E pensare che di coraggio non difettano, visto che in questi giorni da Italia Viva se la sono presa pure con l’Anpi, rea di aver scritto – in un comunicato precedente all’invasione russa – che “l’allargamento della Nato a Est è stato vissuto legittimamente da Mosca come una crescente minaccia”. Matteo Renzi, il cui cerchio magico non è nuovo a dare patenti ai “partigiani veri”, s’è sfogato: “È vergognoso, i partigiani avrebbero saputo da che parte stare”.
Ma gli indignati in servizio permanente effettivo hanno mandato a processo anche Marc Innaro, da anni corrispondente Rai da Mosca e ieri descritto su La Stampa come “sempre piuttosto ossequioso col Cremlino”; abbastanza da provocare la difesa del collega da parte del sindacato Usigrai.
Il reato di eresia è sempre il solito: non limitarsi a un appello per la pace, ma dar conto del punto di vista russo (disclaimer obbligatorio: anche in questo caso, senza essersi arruolato come foreign fighter per Putin).
Domenica sera Innaro ha parlato a Che Tempo che Fa: “Invidio molto le certezze granitiche di chi mi ha preceduto quando afferma di sapere che Putin vuole sradicare l’Ucraina dalla cartina del mondo, attaccare i Paesi Baltici e ricostituire l’Unione Sovietica. Io umilmente faccio un passo indietro e mi limito a dire che quando un giorno dovremo scrivere la storia di questi momenti drammatici, forse capiremo che avremmo potuto e dovuto fare di più e non trattare la Russia senza rispetto, considerandola un nemico. Forse bisognava ragionare su una nuova architettura europea che inglobasse la Russia. Da quando è crollata l’Unione Sovietica, la Nato si è allargata di altri 14 Paesi, la Russia l’ha percepito come una minaccia. Cosa c’è di malvagio nell’immaginare per l’Ucraina uno status di neutralità?”.
Parole che hanno provocato il panico in studio, dove Fazio forse si è ricordato di quel che era successo la sera prima al Tg2 Post. Lì il direttore Gennaro Sangiuliano è stato colto in flagrante mentre non prendeva le distanze da una mappa che mostrava il vero, cioè l’allargamento della Nato negli ultimi anni. Circostanza che ha infastidito persino il Pd, che ha consegnato i propri malumori al Foglio e a Repubblica fino al punto che Sangiuliano ha dovuto giustificarsi prendendo le distanze da Putin (“lui è l’aggressore, la vittima è Zelensky”).
Ok il servizio pubblico, ma con più frasi di circostanza, per favore.
FQ 1 marzo

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