L’asino di Buridano

di Sergio Bagnasco su fb
Zagrebelsky meno di un mese fa ha espresso un pensiero articolato con cui ha criticato alcune ragioni del SI e alcune del NO concludendo che si sente un asino e “avrà un’ulteriore ragione per starsene costituzionalmente sulle sue”. http://www.libertaegiustizia.it/…/la-costituzione-e…/
Spiace osservare che non è stato coerente con il suo saggio proposito. Ed eccoci a commentare la sua intervista sul Fatto del 19/9.
Intanto, anche lui dimentica che fino al 1963 i deputati erano 572, ma erano uno ogni 80mila abitanti e se fosse rimasto quel criterio oggi avremmo 752 deputati.
Abbiamo ancora una conferma che il SI non regge se non si fa affidamento alla speranza che dopo arrivi qualcosa (“nulla vieta che si modifichi il bicameralismo”), oppure la “qualità” … Illogico affermare che la qualità conta più della quantità quando si taglia del 36,5% la quantità e non si fa nulla per migliorare la qualità perché non si interviene sui criteri della selezione dei candidati e di elezione degli stessi.
E’ da irresponsabili modificare la costituzione generando un danno (come dicono gli stessi sostenitori della riforma, vedi atto della camera n. 2238 del 6 novembre 2019 con cui si propone una nuova modifica dell’appena modificato art. 57 per mitigare i danni alla rappresentatività del parlamento e alla funzionalità delle camere) sperando poi di rimediare.
Coerenza. Fuorviante parlare di mancanza di coerenza dopo il voto con maggioranza bulgara, perché nelle tre precedenti votazioni la maggioranza bulgara non c’era e poi c’è stata a fronte di un accordo su altre riforme di cui dopo un anno non c’è nulla! Ignorare i fatti politici che hanno indotto quel voto bulgaro è una imperdonabile leggerezza.
Riforma puntuale? Come si fa a dire che è una riforma puntuale quando c’è in parlamento una nuova riforma dell’art 57 appena modificato? A me pare una riforma superficiale e non puntuale!
Non è affatto vero che nel 2016 “si era detto d’ora in poi solo modifiche puntuali”, qualcuno avrà detto anche questo, ma la banalizzazione di Zagrebelsky è inaccettabile perché tantissimi Comitati criticarono la precedente riforma Boschi-Renzi non perché troppo ampia e organica, ma perché poteva essere spacchettata consentendo agli elettori di tenere alcune parti e respingerne delle altre, senza dover bilanciare vantaggi e svantaggi, operazione non proprio agevole.
Per esempio, la riforma del Titolo V e l’abolizione del CNEL erano parti autonome che non c’entravano nulla con la parte relativa alla modifica del bicameralismo e quindi potevano essere spacchettate. Queste banalizzazioni contribuiscono alla confusione e alla semplificazione. Non va bene.
I territori? Questo è un enorme equivoco. Quando si parla di territori si fa riferimento alle comunità dei territori; se una regione elegge 6 senatori di cui 2 con il maggioritario e 4 con il proporzionale è evidente che larghi settori di quella comunità non avranno rappresentanza, che il pluralismo sarà molto compresso e le comunità periferiche e marginali non conteranno nulla perché la partita si giocherà nelle grandi città.
Zagrebelsky dimentica che è la Costituzione a imporre il criterio regionale di elezione dei senatori; è sempre la Costituzione a imporre la distribuzione dei seggi alla camera su base circoscrizionale.
Perché questi criteri se non per dare rappresentanza a ogni comunità territoriale, fermo restando il divieto di vincolo imperativo?
La legge elettorale. Non si può discutere della rappresentanza in astratto senza considerare i meccanismi attraverso cui prende forma la rappresentanza.
Questa riduzione dei parlamentari ha un effetto maggioritario sulla formazione della rappresentanza, come nota lo stesso Zagrebelsky che però dimentica due cose:
1) la distorsione maggioritaria si somma a quella già prevista dalla legge elettorale vigente per 3/8 maggioritaria; l’unica con cui dobbiamo fare i conti nel valutare l’impatto di questa riduzione dei parlamentari;
2) chi ha voluto questo taglio ha scritto nero su bianco che non era necessaria alcuna alterazione del sistema elettorale vigente (il rosatellum) indicando un piccolo correttivo che in effetti è stato attuato con la legge n. 51/2019 (A.S. n. 508 del 19 settembre 2018 a firma Patuanelli e Romeo).
Ne consegue che chi ha voluto questa riforma non ha visto alcun problema alla rappresentatività del parlamento, però ha cambiato idea quando è cambiata la maggioranza.
Chi è allora che non ha coerenza?
Chi è che continua a utilizzare la legge elettorale in base alle convenienze del momento?
Le considerazioni astratte e parziali di Zagrebelsky non aiutano a cogliere il senso di questa modifica costituzionale che è avulsa da un progetto (quindi nulla vieta che poi si parli di modifica del bicameralismo, ma di ciò non c’è traccia nelle volontà dei proponenti) e che assume una pesante valenza politica se si considera il cambio repentino di posizione della maggiore forza parlamentare che ha voluto questa riforma: il M5S ha per un anno sostenuto che il taglio dei parlamentari andava benissimo con il rosatellum e che non servivano altre riforme; poi cambia la maggioranza e riconosce che il taglio genera problemi alla rappresentatività del parlamento e alla funzionalità delle camere e quindi è favorevole ad altre riforme (che però non c’entrano nulla con il bicameralismo) e a una nuova legge elettorale di tipo proporzionale.
C’è da fidarsi?
Mi pare che sul fronte della effettiva volontà politica sia lecito nutrire dei dubbi.
Infine, ancora una volta è la maggiore forza parlamentare ad aver politicizzato il quesito referendario come fece quattro anni fa Renzi ed è per questo che una parte della Lega oggi invita a votare NO per non fare un favore al Governo (pur essendo la Lega cofirmataria della riforma).
Non è certo colpa di chi da sempre, come me, è contrario a questa riforma che il quesito referendario ha assunto una valenza politica: è una responsabilità esclusiva del M5S che ha dimenticato che i temi costituzionali non devono essere oggetto di patti politici di governo.

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