Perché secondo Onida il dl sicurezza ha elementi anticostituzionali Proibire l’iscrizione all’anagrafe significa togliere un diritto elementare. E non c’entra con la cittadinanza. «Salvini è persecutorio coi richiedenti asilo. I sindaci possono arrivare alla Consulta». Il giurista a L43.


03 gennaio 2019
di Francesco Pacifico
«L’iscrizione all’anagrafe è un diritto elementare». E tanto basta a Valerio Onida, giurista e soprattutto ex presidente della Corte costituzionale, per appoggiare la protesta dei sindaci contro il divieto – inserito nel Decreto sicurezza – di iscrivere all’anagrafe comunale i migranti richiedenti asilo. Anche se l’unica via di uscita per dirimere la questione è «far pronunciare la Corte costituzionale sulla norma».

DOMANDA. È anticostituzionale la norma secondo la quale il permesso di soggiorno non è sufficiente per iscriversi all’anagrafe?
RISPOSTA. Secondo me in questa disposizione sono presenti elementi di anticostituzionalità, perché quello all’iscrizione all’anagrafe è un diritto elementare. Non si tratta di una graziosa concessione dello Stato: dice semplicemente che una persona esiste ed è radicata in un determinato territorio.

Si teme di facilitare la concessione della cittadinanza?
Ma qui la concessione della cittadinanza non c’entra nulla. L’iscrizione anagrafica consegue alla residenza, non alla cittadinanza. Questa è una discriminazione nel godimento di un diritto elementare.

Qual è l’obiettivo del ministro Salvini?
Posso vederci un atteggiamento genericamente persecutorio verso i richiedenti asilo, forse la volontà di introdurre maggiori controlli o di ridurre le opportunità per loro.

Dal governo replicano che il Quirinale ha firmato la legge.
Il capo dello Stato promulga le leggi, ma questo non vuol dire che ne avalli la costituzionalità. Altrimenti la Corte costituzionale non esisterebbe. Nel caso specifico c’è l’aggravante che siamo di fronte a un decreto legge.

Cioè?
Se il presidente della Repubblica avesse mosso le sue obiezioni, rinviando la legge alle Camere per una nuova deliberazione, sarebbe decaduto l’intero decreto legge per la decorrenza del termine di conversione (60 giorni). E questo in pratica è difficile che avvenga.

L’iniziativa di Orlando è legittima?
Io non ho visto la delibera, se c’è, del sindaco di Palermo, o qualcosa di scritto. In un primo tempo si era detto che non volesse applicare quella disposizione della legge, quindi si è parlato di una richiesta di accertare davanti a un giudice la costituzionalità della norma.

Un sindaco può sospendere dei provvedimenti e chiedere a un giudice di sollevare la questione di costituzionalità davanti alla Corte

Quali sono i poteri di un sindaco?
Il primo cittadino, in quanto ufficiale di governo, gestisce tutta la macchina dell’anagrafe. E in questa veste può eventualmente sospendere dei provvedimenti che la legge incostituzionale imporrebbe di adottare e chiedere a un giudice di sollevare la questione di costituzionalità davanti alla Corte.

Come può farlo?
Per esempio attivando un ricorso davanti al giudice ordinario, e intanto sospendendo il provvedimento di diniego dell’iscrizione all’anagrafe. Ovviamente questo ricorso lo può fare in via prioritaria il richiedente asilo, che si è visto respingere la sua domanda.

E il sindaco?
In questa vicenda di per sé è la controparte, colui che ha la competenza sugli uffici dell’anagrafe, ma può disporre che i suoi uffici tengano in sospeso la pratica in attesa che si chiarisca la costituzionalità o meno della legge.

Nient’altro?
Si può pensare a un’iniziativa portata avanti dallo stesso sindaco, che può esperire un’azione di accertamento: chiedo al giudice se ho l’obbligo o meno di rispettare quella legge, perché dubito che sia incostituzionale, sollevando la questione davanti alla Corte.

Il prefetto rappresenta il governo e potrebbe annullare gli atti che ritiene illegittimi. Ma a sua volta il sindaco può impugnare la sua decisione al Tar

Il prefetto può bloccare la decisione di un Comune?
Come rappresentante del governo e dell’autorità centrale, potrebbe annullare gli atti che ritiene illegittimi. Ma a sua volta il sindaco potrebbe impugnare la sua decisione al Tar, che come ogni giudice potrebbe investire del caso la Corte costituzionale.

Siamo di fronte a un caso di obiezione di coscienza?
L’obiezione di coscienza è propriamente un’altra cosa: parliamo del rifiuto, da parte di un privato, di rispettare una legge per ragioni etiche, di coscienza, ben sapendo che questa scelta può comportare delle conseguenze sanzionatorie. Qui si tratta invece di attivare le strade per far sì che l’incertezza sulla validità della legge (una legge incostituzionale non è valida e non dovrebbe produrre effetti sostanziali) possa essere risolta al più presto con la pronuncia della Corte costituzionale.

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