«Renzi ha perso, e più delle donne»

Politica  —Daniela Preziosi,

Riequilibrio di genere. La femminista Alessandra Bocchetti: brave, sul riequilibrio di genere è stata una battaglia vera, non finisce qua. «Serve un’opinione pubblica femminile che guardi alle elette, anche giudicandole. È il tempo del patriarcato dei fratelli, può avvenire di tutto perché si è fra pari». «Ho votato Matteo, ma stavolta ha ceduto a Berlusconi»
↳ Alessandra Bocchetti, storica voce del femminismo italiano
 Nel suo stu­dio, nella sto­rica via dell’Orso di Roma, in quella che fu la sede del cir­colo Vir­gi­nia Woolf (ha diretto il gruppo B, quello della teo­ria dell’affidamento, per chi cono­sce quella sto­ria) e del Cir­colo della Rosa, Ales­san­dra Boc­chetti sta facendo alcune tele­fo­nate. La sto­ria di Valen­tina, la donna costretta ad abor­tire da sola in un ospe­dale pieno di medici obiet­tori, ha già sbia­dito il colpo del no al rie­qui­li­brio di genere pro­nun­ciato la notte di lunedì dalla camera. Boc­chetti, un’istituzione del fem­mi­ni­smo ita­liano, quasi la sua auto­bio­gra­fia, espo­nente del pen­siero della dif­fe­renza, con­voca per le sette «quelle che hanno ancora voglia di lot­tare». Prima però ha scritto un tweet per Mat­teo Renzi, che pure ha votato alle pri­ma­rie. «Hai perso pure tu cla­mo­ro­sa­mente. È stato più forte Ber­lu­sconi. È que­sta la verità del tuo governo?». Ini­ziamo dalle fami­ge­rate quote rosa. «Ma quali quote. 50 e 50», nelle liste, fra i capi­li­sta, «non è una quota, è un’idea di governo insieme, uomini e donne. Ha la radice teo­rica non nell’uguaglianza, ma nella dif­fe­renza. Signi­fica equi­li­brio di un paese di uomini e di donne».
Non sarebbe stata una cami­cia di forza, una scelta troppo normativa?
60 e 40 sono quote. 50 no. Ma certo, una media­zione ci poteva stare. Invece no anche alla mediazione.

Si sapeva, e anche che avreb­bero chie­sto il voto segreto. Per otte­nerlo basta­vano 30 depu­tati, e invece l’hanno chie­sto in 46, tanta era la paura.

Renzi giura che assi­cu­rerà l’alternananza uomo-donna nelle liste del Pd. Ma non intro­durla per legge cos’è: un arre­tra­mento, un disvelamento?

Sicu­ra­mente è un cedi­mento a Ber­lu­sconi. Il fatto stesso che Renzi non rie­sca a farla pas­sare dimo­stra che sta sotto il tacco di Ber­lu­sconi. È stato una per­dita per tutti, per le donne e per Renzi.

Le donne del Pd si sono rivol­tate. La vicenda si ria­prirà al senato?

La cosa non fini­sce qua, è sicuro. La lotta di que­ste donne insieme ad altre mi è pia­ciuta molto. Mi ha sor­preso, lo dico con affetto, per­ché per la prima volta in un’istituzione si è vista una lotta fra gli inte­ressi delle donne e quelli degli uomini. Poi ci sono anche gli alleati delle donne, sem­pre troppo pochi. Abbiamo assi­stito a un pro­cesso di verità: gli uomini vogliono i voti delle donne, non le donne in par­la­mento. E fanno di tutto. Anche la fur­bata di met­tere due uomini con­se­cu­tivi in lista è fatta appo­sta per far fuori le donne.

Lei ha scritto: «Un governo senza donne oggi è impen­sa­bile». Ma dev’essere la legge a imporlo?

Intanto è un altro gua­da­gno del fem­mi­ni­smo nel senso comune. Oggi in Europa non si dà governo che si pre­senti senza donne. E da cosa dipende? Dalla forza delle donne. Fosse per i par­titi, ne fareb­bero a meno.

Non è la poli­tica scre­di­tata che chiama le donne per ripu­lirsi la faccia?

No, nean­che se stesse affogando.

Come giu­dica gli uomini che hanno votato no senza dichiararlo?
Non ci hanno messo la fac­cia. Un tempo c’era il padre che faceva ordine, e se ti asse­gnava un posto te lo rispet­tava. Adesso invece viviamo il patriar­cato dei fra­telli, dove gli uomini hanno ancora molto potere. Ma tra fra­telli tutto è pos­si­bile. Tra­di­menti, sgam­betti, non verità. Nono­stante la fra­tel­lanza sia con­si­de­rata sen­ti­mento rivo­lu­zio­na­rio, le donne sanno, per­ché vivono nella vita pra­tica, che quello fra i fra­telli è un rap­porto peri­co­loso. Può venire anche a man­care il rispetto: per­ché si è pari.
E poi c’è la rela­zione fra elette e elet­trici, sem­pre com­pli­cata. Secondo lei l’opinione pub­blica ha soste­nuto la bat­ta­glia delle deputate?

Que­sta è una nota dolente. Io lamento la man­canza di un’opinione pub­blica fem­mi­nile forte, capace di appog­giare le donne, ma anche e soprat­tutto di san­zio­narle. Le donne in par­la­mento potreb­bero com­por­tarsi meno neu­tral­mente se sen­tis­sero un’opinione pub­blica che le guarda, che non le abban­dona. E invece il distacco fra le poli­ti­che e le donne ’fuori’, nella società, c’è. La mag­gior parte delle donne sono elette per la forza delle donne. Ma le donne ven­gono messe lì da un par­tito, e un par­tito ha biso­gno di fedeltà. E spesso suc­cede che le donne rispon­dano all’ultima media­zione, quella del par­tito, e non alla prima, la più forte, quella delle donne. Que­sto è un pro­blema da affron­tare. Ma lo si risolve creando una forte opi­nione pub­blica femminile.

Ma come? Sono poche le donne, fuori dal par­la­mento, che si sono fatte sen­tire sulla que­stione elettorale.

Que­sta scar­sità c’è. Nel pri­vato le donne sono pronte a giu­di­care le altre, ma evi­tano di met­terci la faccia.

Evi­tare di attac­care un’altra donna non è un’abitudine, forse per­sino una sorta di disci­plina femminista?

No, è un luogo comune. O comun­que è un errore. Non siamo un tutt’uno, le donne vanno anche giu­di­cate. Ma è vero che quando una donna sente par­lare un’altra donna impor­tante, o con una forte espo­si­zione, il suo primo impulso non è cono­scere, ascol­tare, ma iden­ti­fi­carsi. Che sia all’assemblea dell’Onu o a una tra­smis­sione poli­tica, in quel momento rap­pre­senta anche lei, e le donne in un certo senso. E se sba­glia, è un dolore per cia­scuna e per tutte. È un grave errore, che nasce — non lo giu­sti­fico ma lo spiego — dal fatto, che abbiamo avuto una sto­ria pesante. È un feno­meno che riguarda i gruppi sociali che ne hanno pas­sate tante, gli ebrei, gli schiavi, i neri. Suc­cede, è indub­bio, ma va supe­rato. Per­ché le donne sono tante e dif­fe­renti. Supe­rare que­sta sto­ria non è facile ma è il cam­mino della libertà. Per que­sto parlo di pre­senza in poli­tica e non di rappresentanza.
Gli uomini non rap­pre­sen­tano ’gli uomini’. Per le donne invece si crea una deriva di senso. È chiaro che quella bat­ta­glia alla camera ci faceva pia­cere, e molte di noi si sono sen­tite un po’, rap­pre­sen­tate. So bene che le depu­tate lot­ta­vano per sé, per­ché altri­menti molte al pros­simo giro non saranno elette. Ma era la situa­zione ideale di quando una donna lotta per sé e lotta per tutte.

E quindi se oggi nascesse un par­tito sepa­ra­ti­sta, non avrebbe la pos­si­bi­lità di can­di­dare solo donne.

Bonne chance, ma un par­tito di sole donne dal mio punto di vista è sba­gliato. Comun­que è fuori dalla legge. Le pari oppor­tu­nità, la rispo­sta delle isti­tu­zioni al fem­mi­ni­smo, che non ha dato grandi risul­tati, le abbiamo fatte noi.

Pro­prio lei, una sto­rica separatista?

Io sono ancora molto sepa­ra­ti­sta, mi piace lavo­rare con le donne e anche nella sepa­ra­tezza. Le rifles­sioni delle donne senza gli uomini sono più libere, e pure più sim­pa­ti­che. Ma la poli­tica serve per gover­nare que­sta società e la società la deb­bono gover­nare uomini e donne insieme. E vor­rei aggiun­gere un’altra riflessione.

Prego.

A Mon­te­ci­to­rio le donne sono più del 30 per cento. La quan­tità ha fatto massa cri­tica, ha fatto la dif­fe­renza. Per que­sto dico ’50 e 50’: la bat­ta­glia della camera, anche persa, è stata la prova che più donne ci sono, più sono libere e capaci di rea­gire. La massa cri­tica ti auto­rizza. In un mondo degli uomini tu non sei auto­riz­zata, al più trasgredisci.

Agli ita­liani e alle ita­liane, dicono i son­daggi, que­sta idea del rie­qui­li­brio per legge piace poco. Anzi, importa poco.
In teo­ria sarà anche così. In pra­tica di una società squi­li­brata si pagano le con­se­guenze tutti i giorni.
Dicono le gril­line: ’alle donne serve il wel­fare, non il rie­qui­li­brio per legge’.

Alle donne serve il wel­fare, vero. Que­sto paese è tenuto in piedi dalle donne, la fami­glia, il rispar­mio che regge le ban­che lo fanno le donne. Alle donne serve tutto. Per­ché met­tere le cose in con­tra­sto? E poi chi legi­fera sullo stato sociale? In un par­la­mento di uomini è la prima cosa che tagliano. Con più donne sarebbe più difficile.

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