Il Tesoro risponde al richiamo di Bruxelles: spese extra per migranti e terremotati. Ma si lavora alla mini-manovra

L’Huffington Post | Di Giuseppe Colombo
Pubblicato: 17/01/2017 16:06 CET Aggiornato: 17/01/2017 21:01 CETepa05018908 European Commissioner for Economic and Financial Affairs, Taxation and Customs Pierre Moscovici (L) and Italian Finance Minister Pier Carlo Padoan talk at the start of an EU finance ministers council in Brussels, Belgium, 10 November 2015.  EPA/OLIVIER HOSLET

L’antipasto della risposta che il Tesoro fornirà entro il primo febbraio alla lettera ricevuta dalla Commissione europea, in cui si chiede di aggiustare i conti pubblici e trovare 3,4 miliardi, già c’è. È lo stesso ministero dell’Economia a metterla nero su bianco dopo un pomeriggio convulso in cui, spiegano fonti di governo, si è cercato innanzitutto di parare il primo colpo, quello dell’ufficialità della lettera dove l’intervento sui conti è legato dalle autorità europee a uno spettro che l’esecutivo vuole allontanare subito, cioè l’avvio di una procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia.

La linea è quella di spiegare perché l’andamento debito/Pil, al centro del richiamo di Bruxelles, si è discostato rispetto agli impegni presi: oltre a fattori come la bassa inflazione, secondo il governo a pesare è stato soprattutto un elemento, quello delle spese per far fronte all’accoglienza dei migranti. Non solo. Nel rapporto che sarà inviato entro 13 giorni verrà evidenziato un altro elemento, quello delle spese per far fronte ai terremoti che hanno interessato l’Italia dal 24 agosto in poi. Il tutto condito da una considerazione che suona come una sorta di attestato di merito per cercare di sminare il campo: il rapporto tra debito e Pil , scrive il Tesoro, “si è sostanzialmente stabilizzato” e questo, sottolinea, è “un risultato straordinario”.

Sullo sfondo di una trattativa già in corso tra il Tesoro e la Commissione europea resta il dato di fatto e cioè che nella lettera fatta recapitare al ministro Padoan dal vicepresidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, e dal commissario per gli affari economici e monetari, Pierre Moscovici, si chiede al governo italiano di indicare “impegni specifici sufficientemente dettagliati e un calendario chiaro per la loro rapida adozione”. La strategia del Governo, per il momento, secondo quanto spiegano le stesse fonti, è insistere sul piano delle motivazioni legate allo scostamento tra gli impegni presi per il 2017 e i dati contenuti nel bilancio approvato dallo stesso governo. Almeno fino al primo febbraio per capire se la trattativa con Bruxelles può prendere un’altra piega in base alle spiegazioni fornite.

Si lavora, però, anche all’ipotesi di mettere in campo una mini-manovra, da 3,4 miliardi appunto, nel caso in cui la trattativa dovesse prendere una piega diversa da quella auspicata. Le stesse fonti spiegano che alcune ipotesi sono già iniziate a circolare e vanno nella direzione di tagli lineari, ma non pesanti, ai ministeri e a un alleggerimento dei bonus e degli incentivi fiscali, ma entrambe le misure, viene sottolineato, sono ancora premature perché oggi a farla da padrone è una visione che punta a giustificare “perché i conti pubblici stanno andando così”. Nel caso si decidesse di intervenire con una correzione, i tempi che il governo dovrebbe indicare a Bruxelles non sono immediati. “Almeno aprile”, spiega una fonte, quando il Governo potrebbe affiancare un provvedimento di legge, necessario per modificare i saldi dei conti, al Documento di economia e finanza, che fissa il quadro macroeconomico del Paese.

Quello su cui Tesoro e palazzo Chigi insistono in queste ore è un imperativo categorico: nessun aumento di tasse o imposte. In continuità con il governo Renzi, l’esecutivo guidato da Paolo Gentiloni non è intenzionato a caricarsi il peso di una nuova impopolarità, determinata appunto da un nuovo esborso per lo Stato. Il pedale su cui si preme per fronteggiare l’attacco che arriva da Bruxelles è quello della crescita. Padoan lo ripete da due giorni e anche al Tesoro si è fatta la stessa riflessione e cioè che misure restrittive rischiano di affogare la crescita. Una linea che Gentiloni domani porterà al vertice Italia-Germania in programma a Berlino, quando sonderà gli umori della Cancelliera che peseranno nella trattativa faccia a faccia tra Roma e Bruxelles.

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