Fertility Day, pure Renzi “scarica” la Lorenzin. Ma che fine hanno fatto i 1000 asili?

  • image

imageLa ministra è sola con gli alfaniani a difendere la sua campagna sulla fertilità. «Non ne sapevo niente», dice il premier secondo cui «per fare i figli servono gli asili nido». Appunto. Siamo andati a vedere che fine hanno fatto i “mille asili in mille giorni” promessi a settembre 2014

DI LUCA SAPPINO
01 settembre 2016
«Non sapevo niente di questa campagna, ho visto che ci sono state un sacco di polemiche ma avevamo altri problemi in questi giorni», dice il presidente del consiglio Matteo Renzi, ospite di Rtl 102.5: «Se vuoi creare una società che scommetta sul futuro e torni a fare i figli devi affrontare i temi strutturali: asili nido e servizi», aggiunge, sorvolando sul fatto che l’iniziativa di Beatrice Lorenzin sia stata approvata – magari all’oscuro dei dettagli – dal Consiglio dei ministri, Renzi presente, il 28 luglio 2016.

E così la ministra Beatrice Lorenzin rimane sola con i suoi colleghi di partito a difendere la campagna del suo ministero che ha sollevato il polverone. «È una polemica strumentale», ha detto la ministra: «Perché si possono fare campagne sul diabete o sul cancro, e sulla fertilità no?». «Le politiche pubbliche per la famiglia e la natalità sono doverose», le ha fatto eco Maurizio Sacconi, che è presidente della commissione Lavoro del Senato e risponde così al premier, «ma alla base della rinuncia a procreare della coppia ci sono problemi culturali legati paradossalmente al benessere economico, come testimonia anche la piccola differenza che c’è sul tasso di natalità tra Francia e ltalia nonostante i ben diversi livelli di spesa dei due Paesi».

VEDI ANCHE
Lorenzin lancia il Fertility day e riesce a inimicarsi tutti: dal web all’opposizione
Matteo Renzi però ha invece sposato la protesta esplosa con la pubblicazione del sito (poi mandato in ristrutturazione) per il lancio della giornata sulla fertilità comunque confermata per il 22 settembre. Ha sposato le ragioni di chi punta il dito verso la carenza di welfare e di occupazione, più che verso le ragioni culturali di cui parla Sacconi. «La questione demografica esiste», ha aggiunto Renzi, «ma si devono creare le condizioni per far si che ciascuno scelga come e quando fare figli. E poi non conosco nessuno che fa un figlio perché vede un cartellone pubblicitario».

La campagna, intanto, è finita in parlamento, anche con un’interrogazione annunciata dal Movimento 5 stelle: «Questa campagna», si chiedono i deputati di Beppe Grillo, «è stata pagata con i soldi dei cittadini italiani. Chiederemo con un’interrogazione parlamentare quanto è stato speso dal ministero, quali sono stati i soggetti che hanno realizzato la campagna e chi l’ha autorizzata».

VEDI ANCHE
Matteo Renzi e i “prossimi mille giorni”
Così il premier prova a rilanciare il governo
In attesa dei dettagli, «servono asili», ha dunque detto Matteo Renzi. E la sua non è una posizione nuova: il presidente del Consiglio, forte dell’esperienza da sindaco, sa bene che gli asili sono un servizio ovunque carente ma molto caro agli elettori. Tant’è che Renzi sugli asili ha puntato molto, nel settembre 2014, per rilanciare la sua azione di governo. La promessa, con tanto di consueta slide, era «mille asili in mille giorni».

Bene. Il termine scade a maggio 2017, però, e mancano meno di 300 giorni: a che punto siamo? Per ora a zero, anche perché avremmo sicuramente visto una foto scattata sugli account social di palazzo Chigi di Renzi che taglia un nastro. Anche i 100 milioni di euro che il governo ha stanziato nel 2015 non hanno dato i risultati sperati, per stessa ammissione della maggioranza, così com’era stato per i fondi stanziati dal governo Monti e così com’è per i fondi europei che vanno alle regioni ogni anno. L’Italia è ancora divisa tra il 40 per cento di copertura dell’Emilia, e i 2 per cento della Calabria.

«Ma gli asili arriveranno», assicura la maggioranza. Che punta tutto sull’attuazione di una delega prevista dalla riforma della scuola. Delega che il governo non ha ancora attuato ma il cui decreto dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, «sicuramente entro l’anno». Cosa cambierà? Cambierà che i fondi per il sistema integrato 0-6 anni, cioè per i nidi e per la scuola dell’infanzia – spiega all’Espresso la dem Francesca Puglisi – non andranno più in un generico fondo per le politiche sociali delle Regioni, ma in un conto dedicato da cui poi, sempre su pianificazione delle Regioni, andranno direttamente ai Comuni. Magari non saranno mille e non saranno in mille giorni, dunque, ma «i nidi arriveranno», dice Puglisi. «I finanziamenti precedenti», è il ragionamento dietro tanta certezza, «non hanno spesso raggiunto gli obiettivi perché gli amministratori locali, i sindaci, se non sentono che il finanziamento avrà una sua continuità, difficilmente aprono una nuova struttura, limitandosi magari a un centro gioco, che però non ha gli stessi effetti sull’occupazione femminile dei nidi».

«E allora altro che Fertility day!», continua Puglisi, «avremo i nidi, che servono, perché non è certo un caso che a Bologna, dove ci sono, anche l’occupazione femminile sia al 60 per cento». Con il decreto, poi, quando arriverà, i nidi passeranno sotto la gestione del ministero della Scuola e non più sotto quello del Welfare: «È un cambiamento epocale», continua Puglisi, «con il nido che diventa parte integrante del percorso scolastico». Il ministero potrà dare così nuove linee guida, che sia i nidi gestiti direttamente dai comuni che quelli privati convenzionati dovranno rispettare. E le maestre – che non verranno ovviamente assunte dallo Stato ma resteranno tra Comuni e privati – dovranno avere la laurea, titolo già necessario in Toscana e in Emilia Romagna.

Ti potrebbe interessare anche...