Senato, c’è il «lodo» trappola

Maria Teresa Accardo
EDIZIONE DEL
20.09.2015 PUBBLICATO 19.9.2015, 23:59 AGGIORNATO 20.9.2015, 0:30
Riforme. L’intesa prevede l’«indicazione», non l’elezione. Il no di Bersani. Orfini: falco. Boschi: il consenso è ampio, ma cerchiamo intesa ampia. Mucchetti: non siamo ’ciula’, altrimenti la legge la faccia con Verdini

Dopo i giorni di lavo­rìo, gli stop and go, i tavoli pub­bli­ca­mente rove­sciati e poi silen­zio­sa­mente rimessi in piedi, alla fine l’intesa sul senato c’è, o ci sarebbe almeno a dare retta alla gran­cassa ren­ziana. L’armistizio tra la mino­ranza del Pd a Palazzo Madama e Renzi potrebbe basarsi su un testo che non ha certo la sin­tassi epica di un trat­tato di pace ma quella mode­sta di un pen­siero di don Abbon­dio: «La durata del man­dato dei sena­tori coin­cide con quella degli organi delle isti­tu­zioni ter­ri­to­riali dai quali sono stati eletti, su indi­ca­zione degli elet­tori in base alle leggi elet­to­rali regio­nali». La frase ver­rebbe aggiunta al comma 5 dell’ art.2 della riforma costi­tu­zio­nale. Il «lodo» a cui sta lavo­rando la pre­si­dente Anna Finoc­chiaro con la mini­stra Boschi e il sot­to­se­gre­ta­rio Luciano Piz­zetti pre­vede infatti di man­te­nere inva­riato il comma 2 dell’art. 2, in cui si afferma che «i con­si­gli regio­nali eleg­gono i sena­tori tra i pro­pri componenti».

La mino­ranza — secondo i desi­de­rata di Boschi — por­te­rebbe a casa la vit­to­ria — si fa per dire — giu­sto sim­bo­lica di aver costretto la mag­gio­ranza a cam­biare l’articolo della discor­dia; la mag­gio­ranza incas­se­rebbe l’enorme risul­tato di appro­vare la riforma senza il ricorso deci­sivo ai voti di Ver­dini e dell’altrimenti indi­spen­sa­bile soc­corso azzurro, con con­se­guente cam­bio di mag­gio­ranza e inte­res­sa­mento del capo dello stato. Data per con­clusa l’operazione, ieri la mini­stra Boschi ieri era magna­nima: «Noi abbiamo dimo­strato con i voti che ci sono stati in senato nei giorni scorsi che i numeri per appro­vare le riforme costi­tu­zio­nali ci sono in modo ampio. Però io credo che sia un bene, ovvia­mente per tutti, cer­care un con­senso ampio». Un “bene” neces­sa­rio, per la verità, anzi indi­spen­sa­bile per il pro­se­gui­mento della pre­si­denza Renzi.

Una parte della mino­ranza del resto non vede l’ora di uscire, pro­vando a sal­vare la fac­cia, dal duro scon­tro con l’artiglieria pesante di palazzo Chigi di stanza a Madama. Ieri, men­tre si dif­fon­deva con rapi­dità sospetta la noti­zia dell’accordo immi­nente, da Milano è arri­vato infatti il sospiro di sol­lievo di Gianni Cuperlo. L’ex sfi­dante di Renzi era impe­gnato nel primo incon­tro per uni­fi­care la sua cor­rente Sini­stra­dem con quella dei ber­sa­niani ’irri­du­ci­bili’ (ma evi­den­te­mente in parte già ridotti alla firma della pace), con un occhio alle pri­ma­rie mila­nesi (è inter­ve­nuto il sin­daco Pisa­pia a pero­rare la causa delle pri­ma­rie di coa­li­zione). L’accordo «per la mino­ranza non sarebbe un pareg­gio fuori casa», ha detto, «ma un saldo attivo. Non vince qual­cuno e perde qual­cun altro, vince la demo­cra­zia ita­liana». Incol­pe­vole demo­cra­zia ita­liana a parte, l’interesse a far risul­tare l’intesa come win-win è della mag­gio­ranza e di quelli che nella mino­ranza si appre­stano a bere l’amaro calice.
Non tutti. Ber­sani fiuta la trap­pola e man­tiene le posi­zioni: «Vedo che ci sono affer­ma­zioni di buona volontà, noi diciamo una cosa che capi­scono anche i bam­bini: che il Senato debba essere elet­tivo, devono deci­dere gli elet­tori. Que­sto deve essere chiaro e va scritto. Sem­pli­cis­simo e da qui non ci si sco­sta». E il testo dell’accordo, se fosse quello che cir­cola in que­ste ore, non parla affatto di ele­zione diretta ma di «indi­ca­zione degli elet­tori». Fra i due con­cetti ce ne corre.

Ma la mag­gio­ranza ren­ziana fa finta di non saperlo, magari per pre­co­sti­tuire le con­di­zioni per poi accu­sare la mino­ranza di troppe pre­tese: «Sem­bra che voglia irri­gi­dire le posi­zioni per rom­pere. Andremo avanti con spi­rito di aper­tura ma non accet­tiamo veti» (Lorenzo Gue­rini). «Alzare con­ti­nua­mente la posta potrà essere una tat­tica accet­ta­bile a poker, ma è scon­cer­tante quando si parla di un tema seris­simo come le riforme isti­tu­zio­nali» (Debora Ser­rac­chiani). In serata, dalla festa di Left Wing a Torino, Mat­teo Orfini intro­duce una nuova spe­cie alla voliera Pd: «Spe­riamo che i fal­chi ven­gano iso­lati e pre­valga il buon­senso». Dopo i gufi dun­que i fal­chi, la nuova eti­chetta per ridurre quelli la mino­ranza a col­le­ghi di Bru­netta. Ma è un gioco d’azzardo e potrebbe non fun­zio­nare. Infatti il sena­tore Mas­simo Muc­chetti avverte: «L’intesa è a por­tata se si modi­fica l’art.2. Anche con un inter­vento ’chi­rur­gico’. Basta scri­vere tre parole: suf­fra­gio uni­ver­sale diretto. Non siamo estre­mi­sti ma nem­meno, come si dice dalle mie parti, ’ciula’ ovvero degli alloc­chi. Comun­que con­ti­nuo a con­fi­dare che pre­valga la sag­gezza. Altri­menti Renzi la riforma la fac­cia con Verdini».

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1 Risposta

  1. ricostruirestatoepartiti ha detto:

    E’ semplicemente incredibile e pericoloso il modo di gestire le riforme Costituzionali da cui dipende il futuro democratico del nostro Paese e trovo davvero incredibile che questa trappola sia stata predisposta da Anna Finocchiaro … davvero non ho parole .