Corte Conti:”Sicilia in coma ma politica ruba e pensa solo a se'”

 10:54 01 MAR 2014
(AGI) – Palermo, 1 mar. – In Sicilia l’economia, da sempre in grande difficolta’, “e’ oggi in stato comatoso”. Ma in queste difficilissime circostanze socio-economiche, “la classe politica non riesce a dare risposte concrete ai bisogni dei cittadini, occupandosi prevalentemente di se stessa e, sempre piu’ spesso, sottraendo ricchezze al Paese, depredando nei piu’ diversi modi. E in questo la realta’ supera spesso la fantasia”. Cosi’ a Palermo, la presidente della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione siciliana Luciana Savagnone, durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario 2014.
Savagnone, nella propria relazione illustrando l’attivita’ svolta dalla Corte dei Conti nel 2013, ha posto l’accento sulla politica e sul fenomeno della corruzione invitando la classe dirigente a “fare di piu’ per evitare che si verifichino questi episodi, con un controllo interno o una presa di coscienza morale”. Il problema, ha ribadito, “e’ la questione morale, la politica deve farsi carico di un problema dei cittadini”. E, proseguendo il suo ragionamento, ha aggiunto: “Se i cittadini piu’ sfortunati e poveri spesso delinquono perche’ mossi dal bisogno, la corruzione della classe politica e’ dettata, allora,soltanto da un incontrollata smania di ricchezza e potere. In Sicilia, peraltro, il fenomeno corruttivo spesso lambisce e si intreccia con gli interessi dell’universo mafioso ma, anche quando e’ del tutto estraneo a esso, in qualche modo, lo favorisce”, ha proseguito. I reati di corruzione, infatti, anche quelli apparentemente di scarso rilievo, “rendono piu’ fertile il terreno su cui cresce e si sviluppa la delinquenza mafiosa, attraverso il perseguimento di interessi economici comuni, connivenze, reciproche protezioni”. Anche all’interno della pubblica amministrazione molteplici vicende, aventi rilievo penale, “hanno coinvolto dipendenti, mortificando ed umiliando coloro che con onesta’ e fatica si dedicano al lavoro”. E’ , allora, indispensabile che la politica e la pubblica amministrazione” imparino ad amministrare e gestire se stesse, curando, attraverso un rigoroso controllo interno, il rispetto delle norme e delle regole che governano la loro attivita’, anticipando, se possibile, gli interventi da parte della magistratura, cosi’ da riacquistare credibilita’ nei confronti della cittadinanza ed impedire che si affermi che “sono i giudici a governare il Paese”. Occorrerebbe almeno evitare che un amministratore, una volta accertata la commissione da parte sua di un illecito, venga confermato nelle funzioni o gli sia conferito altro incarico, cosi’ come il pubblico dipendente infedele dovrebbe essere rimosso dalle funzioni nello svolgimento delle quali ha commesso l’illecito.
  Ugualmente sarebbe necessario escludere, nella distribuzione di cariche, uffici e mansioni, coloro che, pur non avendo tenuto un comportamento penalmente rilevante, sono stati destinatari di sentenze definitive di condanna da parte di questo giudice contabile per avere male amministrato. “Assistiamo, invece – continua Savagnone – al moltiplicarsi degli sprechi di denaro, spesso da parte di soggetti gia’ condannati, i quali, anziche’ essere posti in condizioni di non piu’ nuocere al pubblico erario, vengono ancora una volta incaricati di gestire risorse economiche”. (AGI) .
   

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